A Trieste Virtual revolution e The rift. Passaggi di mondi: il senso del reale si confonde nel tempo e nello spazio

tsff16_locandina-sitoCi si può perdere o ritrovare, attraversando il confine di una realtà alternativa. Si può abbandonare una dimensione in favore di un’altra più appagante, o persino distante nel tempo; e ogni viaggio, o meglio passaggio, non può non produrre conseguenze. Sul tema dei mondi nuovi, sconosciuti e alienanti, si incrociano le trame di due film passati nella competizione principale al Trieste Science+Fiction Festival 2016, ciascuno declinando in forme differenti la pluralità del reale nel contesto proposto dall’evento.
In Virtual revolution il francese Guy-Roger Duvert prende in prestito gli schemi già visti sull’evoluzione hi-tech e dai risvolti sociali della realtà virtuale, per costruire un discorso sulla libertà individuale e collettiva per nulla scontato, giocando anche con l’incertezza nella percezione della verità. Siamo in un futuro ipertecnologico, la Nuova Parigi del 2047, dove la popolazione si divide in “connessi”, costantemente collegati, i “viventi”, ossia chi ha scelto di non cedereai piaceri della tecnologia immersiva, mentre gli virtual“ibridi” condividono entrambe le possibilità. Il killer Nash è ingaggiato da una delle multinazionali che investono in mondi virtuali per individuare un gruppo di terroristi che semina morte durante le avventure dei connessi. Quella che all’inizio potrebbe sembrare un’estetica futuristica scontata e stucchevole (sembra di ritrovarsi di fronte soprattutto a un ricalco sfacciato di Blade runner), diventa invece una dichiarazione di affettuosa discendenza iconografica posta a sfondo di un viaggio fra mondi fittizie ribaltamenti di punti di vista. Non è solo la realtà ad avere i suoi doppi artificiali, ma anche la verità cessa di essere una soltanto, si fa ambigua e oggetto di una scelta fra le eventuali alternative. Duvert, che alimenta la storia con innato pessimismo, mette in luce le contraddizioni di una tentata rivoluzione che vorrebbe imporre la libertà con la forza e la violenza, nonostante essa venga rifiutata. Lo sguardo, anche fortemente politico, va a toccare la contemporaneità dell’oggi in cui l’alienazione da esperienza online sembra assuefare in maniera irreversibile la persona-utente, con prospettive poco rassicuranti. Il film non concede risposte o giudizi, «non prendo posizione, faccio delle domande», afferma Duvert, interessato a raccontare soprattutto come la tecnologia possa influire negativamente sulle nostre vite. Il futuro, sembra suggerirci il regista, non è poi così distante dal racconto di Virtual revolution.

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Uno sdoppiamento di realtà lo troviamo anche in The rift, film di produzione serbo-coreana diretto da Dejan Zečević, dove gli aspetti fantascientifici si fanno meno visionari e immaginifici, lasciando maggior spazio agli stilemi dell’horror più esplicito. Siamo dalle parti dei paradossi temporali, con una storia che comincia in Serbia, dove una squadra di agenti è in missione per recuperare un satellite precipitato.Ad essere ritrovato però è ben altro, una forz1250a misteriosa che riporta in vita i morti e vuole spargere sulla Terra caos e violenza. Con qualche elemento in comune col videoclip di Blackstar di David Bowie, The rift tiene viva l’attenzione e la curiosità soprattutto nella sua prima metà, dove fantascienza e horror sono dosati con parsimonia e suggestione. Una spedizione lunare segreta e un worm hole che provoca una frattura-soglia tra due realtà uguali ediverse, si pongono all’origine di una concatenazione di eventi misteriosi e inquietanti che immergono la storia un’atmosfera malvagia e intrigante. Il film mostra però la sua debolezza nella seconda parte, quando l’intreccio narrativo diviene più complesso anziché risolversi, mentre gli aspetti horror sono più insistiti e invadenti. Dai capovolgimenti dei ruoli (i buoni diventano cattivi), agli zombi invasati, fino alle derive apocalittiche di un nuovo messia, la storia si fa prigioniera di un’ossessione spettacolare che sacrifica il senso di ciò che sta accadendo a una forma di ipertrofia incontrollabile, finalizzata solo a stupire.

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