A Ferrara Ketty La Rocca 80. Gesture, speech and word fra corpo e linguaggio verbale

Fino al 3 giugno si può visitare al Padiglione d’Arte Contemporanea di Ferrara la Biennale Donna, dedicata a Ketty La Rocca (La Spezia, 1938 – Firenze, 1976), protagonista dell’arte italiana degli anni Sessanta e Settanta, al centro di un nuovo e crescente interesse internazionale. A quasi vent’anni dall’ultima mostra antologica in Italia e a ottant’anni dalla nascita, Ketty La Rocca 80. Gesture, speech and word, a cura di Francesca Gallo e Raffaella Perna e realizzata in collaborazione con l’Archivio Ketty La Rocca di Michelangelo Vasta, raccoglie una vasta selezione di opere basate sul rapporto tra linguaggio verbale e corpo, fulcro della poetica dell’artista. La mostra si muove su un doppio binario, tematico e cronologico: opere di anni diversi sono raccolte attorno al polo della parola, centrale nella fase verbovisiva e a quello del gesto, che invece domina la produzione del decennio successivo. Insieme a una selezione di circa cinquanta opere scelte tra le più rappresentative delle varie serie dell’artista – dai collage verbovisivi ai cartelli, dai videotape alle sculture sagomate, dalle Riduzioni alle Craniologie – l’esposizione propone inoltre alcuni progetti, opere e materiali documentari mai esposti prima in Italia, come ad esempio la documentazione dell’azione Verbigerazione (1973), realizzata nell’ambito della X Quadriennale d’Arte di Roma, recentemente ritrovata nell’archivio dell’ente romano, e l’audio originale della performance Le mie parole, e tu? (1975). Inoltre, sarà presentato un progetto mai realizzato: In principio erat verbum, un gioco-performance che ribadisce l’interesse di La Rocca per la comunicazione gestuale. In apertura l’opera Le mie parole e tu (1971).

Via col vento – locandina – 1975

 

Ketty La Rocca, trasferitasi nel 1956 a Firenze, negli anni Settanta entra in contatto con la Poesia Visiva, partecipando alle attività del Gruppo 70. In questo contesto i Collage e i Cartelli, basati sul rapporto tra immagine mediatica e parola, evidenziano una precoce attenzione per la condizione femminile: con sguardo pungente, infatti, La Rocca attacca i cliché, ponendo sotto accusa il processo di reificazione del corpo femminile nella comunicazione contemporanea. Al linguaggio e alle sue insidie sono dedicati anche Verbigerazione (1973) e i due cuscini ricamati del 1975, a metà fra opera e oggetto personale, mai esposti finora. Il 1970 è l’anno delle prime mostre personali, dove l’artista presenta le Lettere-Scultura in PVC nero: “presenze alfabetiche” che oltrepassano la bidimensionalità occupando concretamente lo spazio e interagendo con esso. In mostra si propone una inedita e suggestiva ambientazione della serie, finalizzata a porre l’accento sulla qualità fenomenologica di tali lavori. Negli anni Settanta La Rocca si concentra sul linguaggio dei gesti, lavorando su tematiche e iconografie di taglio antropologico, attraverso una pluralità di strategie espressive e media diversi: la fotografia, il video, il libro d’artista e la performance, per lo più imperniati attorno al corpo dell’artista. Il 1971 è un anno cardine, l’immagine visiva sembra avere la meglio sulla parola e la comunicazione corporea su quella linguistica: in questo frangente vede la luce In principio erat, il libro fotografico da cui prende le mosse il celebre videotape Appendice per una supplica (1972), entrambi presentati alla Biennale di Venezia di quell’anno. I due lavori sanciscono il riconoscimento internazionale dell’artista, in particolare il video, uno dei primi realizzati in Italia, certamente il primo creato da una donna. Nel corso degli anni Settanta, La Rocca si dedica alle Riduzioni, realizzate di solito a partire da fotografie trouvées, dove i profili delle immagini vengono ripercorsi su carta dalla grafia dell’artista che scrive parole senza senso alternate all’incalzante “you”. In questa fase lavora inoltre alle Craniologie, serie in cui interviene sulle radiografie del cranio, sovrapponendovi fotografie stampate su lastre trasparenti di “gesti incapsulati” – una mano aperta, un dito, un pugno chiuso – e la ripetizione ossessiva della parola “you” che divora l’immagine. Gli studi più recenti hanno portato alla luce la centralità della performance nel lavoro di La Rocca, realizzata in maniera corale e sempre a partire da testi nonsense, ripetitivi, pieni di intercalari ed espressioni di stampo burocratico, a ribadire l’incapacità delle lingue storiche di comunicare in modo autentico. Ciò vale non soltanto per Verbigerazione (1973), ma anche per la più nota Le mie parole, e tu? (1975), ultima azione eseguita in diverse occasioni in giro per l’Italia, di cui al Padiglione d’Arte Contemporanea, oltre all’audio originale, sono proposte diverse fotografie di documentazione.

Non commettere sorpassi impuri – 1964

 

 

Segnaletiche (Io tu e le rose), 1968-69