Rita Castro lavora in uno studio legale di Città del Messico, è brava ma succube di un capo egocentrico e tossico che la costringe a scrivere arringhe moralmente discutibili del cui successo non riceverà alcun merito. Qualcuno però osserva il suo operato da lontano: una sera riceve una misteriosa telefonata che le offre un incarico destinato a cambiarle la vita. Prelevata di forza e caricata su un’auto all’edicola del tribunale, Rita si trova faccia a faccia con Manitas Del Monte, il capo di uno dei principali cartelli del narcotraffico messicano, celebre per la sua implacabile ferocia, macho di famiglia e dalla sterminata ricchezza. La richiesta di Manitas è spiazzante: una lauta parcella – capace di trasformare Rita da praticante a donna ricca – in cambio di un aiuto concretissimo per cambiare la sua vita. Vuole che lei gli permetta di inscenare la propria morte e uscire finalmente di scena; di trovare un chirurgo affidabile e fidato per reinventarsi in un corpo nuovo, quello di una donna, un desiderio che si porta dentro da sempre. Rita accetta e presto Manitas rinascerà come Emilia Pérez, donna senza passato e con un futuro da riscrivere a piacimento. Il destino che separa le protagoniste non le protegge da continue sorprese e presto le due donne si troveranno a iniziare assieme un percorso comune, da una parte di affermazione del sé e dall’altro di rinascita, fino a quando il passato le porterà a scelte impreviste e a nuovi conflitti.
Il nuovo film di Jacques Audiard, in trasferta messicana, è un fiammeggiante mélo sotto forma di musical; una riflessione sulla capacità di riscrivere sé stessi e sull’impossibilità di sfuggire fino in fondo dalle proprie azioni passate. Emilia Pérez (in concorso a Cannes77) mette in campo da subito le proprie ambizioni e i propri rischi: si pensa cantando e si agisce ballando, trattando l’attualissimo discorso sulla fluidità di genere e sull’affermazione intima della propria sessualità con gli strumenti del genere classico. Audiard rimescola e inventa; osa e rilancia con un coraggio narrativo che è ben sostenuto da un ritmo impeccabile – di struttura e di montaggio – e da brillanti soluzioni visive. Il rischio dell’esagerazione – del parossismo – è sventato da un continuo rilancio, dalla voglia di affrontare una narrazione così calda senza nessuna paura di cadere. Zoe Saldana, magra e nervosa, incarna Rita con gli occhi della passione e una precisione coreografica nelle scene musicali; la spagnola Karla Sofía Gascón si impossessa del personaggio di Emilia incarnando una concretissima e quasi commovente ricerca di redenzione, sposando l’ambiguità del proprio personaggio facendone forza prorompente.
E se la nuda trama ricalca consapevolmente il cliché del film di gangster, ormai codificato anche da numerose serie televisive da Narcos in poi, il cuore pulsante di Emilia Pérez volge lo sguardo altrove: reinventa un percorso purificatore di colpa e redenzione; parla di ruoli di genere e di potere del denaro; immagina una transizione non solo fisica ma spirituale che sa essere empatica e spiazzante. Oltraggioso e coraggioso, Emilia Pérez è anche uno spettacolo per gli occhi: Audiard si cimenta con le coreografie con sicura creatività; maneggia con il solito mestiere le tinte noir della storia aprendo in contrasto continue finestre sentimentali; costruisce un monumento al femminile riuscendo però a liberarsi pian piano da eccessive ideologie – che nella prima parte del film pure impongono qualche inciampo – per trasfondere il suo messaggio nella purissima messa in scena, in una forma smagliante. Mentre i personaggi, come in ogni melodramma che si rispetti, si avviano verso il proprio ineluttabile destino, Audiard ce li fa sentire vivi, mai schematici, sempre più sorprendenti e aperti al cambiamento, alla maturazione, all’amore. Perché Emilia Pérez è anche – nei suoi eccessi e nei suoi errori, nel suo gusto quasi primitivo per l’umano e per l’assurdo, nel suo fascino estenuato per quei corpi e quelle anime, nella sua capacità di rischiare e di sbagliare – un film sentimentale: e come ogni sentimento vero accoglie in sé pregi e difetti, esagerazioni e rivelazioni, del mistero profondo e implacabile delle leggi del desiderio.