Secondo il calendario giapponese, il periodo Meiji va dal 1868 al 1912. Per il paese del Sol Levante si tratta di un’epoca di transizione in cui un paese caratterizzato da un forte legame con le proprie tradizioni custodite gelosamente in un isolamento culturale oltre che politico fa il suo ingresso nella modernità aprendosi mondo e mettendosi in gioco sia nel mercato internazionale sia nel confronto con l’occidente, una realtà nuova e lontana che ne influenzerà profondamente le sorti. Jiro Taniguchi racconta questo periodo storico, insieme a Sekikawa Natsuo, attraverso le vite di tre figure: gli scrittori Natsume Soseki e Mori Ogai e il poeta Ishikawa Takuboku che, attraverso le loro inquietudini, la loro sensibilità di artisti e i loro amori raccontano le trasformazioni di un paese in rapida e radicale evoluzione. Jiro Taniguchi fu un premio Nobel mancato e in tal senso l’aver vinto il premio Tezuka Osamu Award, intitolato al Dio dei Manga per cui i giornali giapponesi portarono avanti una campagna volta a fargli assegnare il prestigioso riconoscimento svedese, assume per chi scrive questo pezzo contorni amaramente ironici. Perché lo spessore letterario di Taniguchi lo pone tranquillamente al livello dei grandi della letteratura internazionale. Ne è testimonianza l’affresco maestoso del periodo Meiji incarnato nell’opera Ai Tempi di Bocchan, un manga storico definibile come grande in più di un senso. Anzitutto per le dimensioni: i corposi volumi dedicati ai singoli protagonisti vanno a comporre una vicenda corale finalizzata a un quadro d’insieme che trascende le vite dei singoli che vanno a tratteggiare un ritratto di un’epoca dal respiro ampio nonostante la dimensione spesso intimista e focalizzata sul quotidiano.
Ed è proprio in questa dimensione contenuta, fatta di dettagli e di gesti minimali che Jiro Taniguchi si esprime in tutto il suo talento artistico. Seppur versatile come narratore di storie che coprono ogni genere e dai ritmi e toni più disparati, è nella resa profondamente lirica delle piccole cose, raffigurate con un realismo solido e iper dettagliato, che l’autore pone il lettore in una realtà curata fino al dettaglio, un diorama a fumetti che è la sineddoche della condizione di un paese ma, per certi aspetti, dell’uomo sia calato nel suo tempo sia rappresentato in senso universale. Taniguchi racconta i suoi protagonisti raccontando al tempo stesso il Giappone in modo che tutti i lettori possano provare quel senso di immedesimazione che riesce a generare chi ha toccato corde che ci riguardano tutti. Ai Tempi di Bocchan fu pubblicato in Giappone fra il 1987 e il 1996 e in Italia per la prima volta nel 2000.
Ciò che rende preziosa la nuova edizione a cura di Coconino Press è la scelta di curare la veste editoriale dei volumi arricchendola, oltre che con le postfazioni e i testi di Sekikawa Natsuo, che ha coadiuvato Taniguchi nella creazione dell’opera, con gli approfondimenti di un gruppo di accademici attivi nello studio della cultura giapponese, nella fattispecie Maria Gioia Vienna, docente di lingua e letteratura giapponese alla all’Università per Stranieri di Siena, che cura il primo volume, professore ordinario di lingua e letteratura giapponese alla Sapienza di Roma che cura il secondo volume e Luca Capponcelli, ricercatore di lingue e letterature del Giappone e della Corea presso il DISUM di Catania. Dietro a una scelta del genere da parte di Coconino, come abbiamo già visto in occasione di I Fanatici del Gekiga di Matsumoto Masahiko ( https://duels.it/industria-culturale/storia-di-una-rivoluzione-i-fanatici-del-gekiga-di-matsumoto-masahito/ ), non c’è solo l’intento di impreziosire un’opera già di suo profonda ed elegante ma la volontà di trasformare i volumi in strumenti di studio per chi abbia l’intenzione, mosso da necessità accademiche o da semplice passione, di approfondire la propria conoscenza di una cultura, quella giapponese, che influenza la nostra in modi che nemmeno capiamo del tutto ma che possiamo approfondire attraverso libri che fanno le veci delle edizioni annotate dei classici della letteratura su cui ci siamo formati nei nostri anni di studio, a testimonianza che l’editoria come progetto culturale è possibile e necessario.