Negli Stati Uniti l’attualità politica è di casa nelle serie tv (da The West Wing – Tutti gli uomini del Presidente a House of Cards passando per The Good Wife, Braindead – Alieni a Washington, Veep e Madam Secretary) e la Francia non vuole essere da meno. Dopo un primo tentativo (deprecato da pubblico e critica, ma ci sarà una seconda stagione) da parte di Netflix che ha realizzato Marseille con Gérard Depardieu sindaco della seconda città di Francia, Canal+ ha centrato il bersaglio con Baron noir, la cui prima stagione è andata in onda nel febbraio di quest’anno (i telespettatori – in media 500.000 a episodio sono stati al di sotto delle aspettative, ma la serie ha avuto un inatteso successo sulle piattaforme di video on demand con 2,6 milioni di abbonati che l’hanno vista online). In essa Kad Merad, attore noto anche in Italia soprattutto per i suoi ruoli comici (da Il piccolo Nicolas e i suoi genitori a Giù al Nord) interpreta Philippe Rickwaert, deputato socialista del Nord e, all’inizio della stagione, sindaco di Dunkerque. Un uomo che vive la politica come una religione, con dedizione e abnegazione, assecondandone luci e ombre, non per nulla nel corso della serie si vive non solo la sua epopea politica, ma anche quella giudiziaria.
Sempre con le borse sotto gli occhi, Rickwaert passa le notti al volante della sua auto e le giornate al telefono per aver tutto sotto controllo e soprattutto tenere in vita l’unica cosa che davvero lo ecciti: il potere. Il primo episodio ha luogo tra i due turni delle elezioni presidenziali. Rickwaert sostiene il candidato socialista Francis Laugier, suo mentore. Ma la sera del dibattito televisivo in cui, a quattro giorni dal secondo turno, i due candidati alla presidenza si confrontano, un amico poliziotto informa Rickwaert che ci sarà una perquisizione nel suo ufficio. La tesi del finanziamento occulto al partito rischia di compromettere il risultato, a meno che Rickwaert non metta insieme le somme mancanti prima dell’alba e dell’arrivo della polizia.
Una serie ad alto tasso di adrenalina per chi ama addentrarsi nei giochi sporchi della politica che in Francia ha scatenato un vero e proprio dibattito su chi si celasse dietro il personaggio di Rickwaert. L’ipotesi più accreditata vede in lui un clone di Julien Dray, quadro del partito socialista et fondatore di SOS racisme, associazione creata nel 1984, il cui scopo è la lotta contro il razzismo e l’antisemitismo e, più in generale, ogni forma di discriminazione. A supportarla la dichiarazione dello stesso Dray in un’intervista al settimanale Marianne: «le Baron noir c’est moi», il Barone nero sono io, ha detto il novello Gustave Flaubert (e, quindi, Laugier ricalcherebbe François Hollande). La serie – 8 episodi da 52 minuti – creata da Eric Benzekri e Jean-Baptiste Delafon (entrambi già sceneggiatori di Maison close) conta su un cast di interpreti di prima grandezza: a partire da Kad Merad, in un ruolo sicuramente inedito, ma azzeccatissmo, passando per il sempre intenso Niels Arestrup (nei panni del presidente Laugier) e l’aristocratica Anna Mouglalis (di ottima famiglia, ha frequentato l’Ena e lavorato nella Commissione europea; è quello che si definisce una tecnica, in opposizione al più verace Rickwaert). E ancora: Astrid Whettnall (Véronique Bosso, vice-sindaco, che vorrebbe uscire dal cono d’ombra del suo capo), Lubna Gourion (Salomé, la figlia di Philippe che sceglie di vivere con lui e diventa militante per essergli più vicina), Hugo Becker (Cyril Balsan, allievo dell’École normale e fedelissimo di Rickwaert di cui è diventato assistente in Parlamento).
Una serie che riflette sul presente in maniera intelligente e che dimostra come la fiction di qualità sappia intercettare tendenze e movimenti nella società. Da questo punto di vista c’è grande attesa per la seconda stagione, che sarà girata a inizio 2017, in piena campagna elettorale per le vere presidenziali (che danno al ballottaggio due candidati di destra, più o meno estrema, François Fillon e Marine Le Pen, a meno che la recente candidatura di Manuel Valls – primo ministro che si è dimesso pochi giorni fa per correre alle primarie socialiste – non riesca a sparigliare le carte). Per ora si sa solo che, nella finzione, toccherà a Amélie Dorendeu battersi per la Presidenza e che il Front National avrà più spazio. Les jeux sont faits?