Oggi Donato Carrisi è l’unico autore italiano con una scrittura, un ritmo, un’attitudine internazionale. Nessuno lavora come lui sul genere, ne conferma l’estrema leggibilità e ne draga la caratura filosofica (l’eterno scontro fra Bene e Male). Prendiamo il suo ultimo, strepitoso, romanzo La ragazza nella nebbia (Longanesi pag.350, euro 18,60), come in tutta la sua produzione viene distrutto il mito letterario del detective che in virtù del suo ingegno scopre e cattura i criminali. Ci sono sempre altre motivazioni, infrazioni che spesso vengono dal passato a rendere impossibile la ricerca del vero colpevole. Fulminante l’inizio: una notte, ad Avechot (immaginario) paesino circondato dalle Alpi, il dottor Flores, uno psichiatra, viene chiamato per un incidente. L’agente speciale Vogel è in stato confusionale, i suoi vestiti sono pieni di sangue non suo, non ricorda nulla e non si capisce cosa faccia in paese. Sono ormai trascorsi oltre due mesi da quando Anna Lou Kastner, una sedicenne, è scomparsa nella nebbia. Due mesi da quando Vogel ha montato un caso mediatico per rapimento e omicidio. Ora è pronto a dare la sua versione su un’indagine conclusa che gli ha devastato la carriera. Avechot è un posto strano, dominato da una potente setta religiosa e dove una miniera di fluorite ha portato la ricchezza ma ha spazzato via i turisti. Con l’aiuto del giovane poliziotto locale Borghi, Vogel pone l’attenzione sulle gesta dell’uomo della nebbia, un serial-killer che trent’anni prima aveva fatto scomparire sei ragazze dai capelli rossi, proprio come Anna Lou Kastner. Ma urge trovare un colpevole e il professore di lettere, Loris Martini, trasferitosi ad Avechot da qualche mese con la moglie e la figlia, ha il profilo perfetto. I media sono felici, il paese tranquillizzato. Quindi la norma è ristabilita? Neanche per idea, dato che la menzogna regna ancora incontrastata. Carrisi è agganciato alla nostra realtà, sullo sfondo traspaiono riferimenti alla cronaca nera contemporanea (il caso di Yara e molto altro), le sue storie mettono in dubbio l’efficacia stessa dell’intelligenza umana, il reale potere della logica. Non è solo la polizia a non riuscire a mettere ordine nel mondo, a fare giustizia (vero tema di fondo dell’opera di Carrisi), a stabilire la verità. Il delitto, alla fine paga e nemmeno Mila Vasquez (l’eroina de Il Suggeritore e di L’ipotesi del male) non ha mai trovato la forza per sconfiggere definitivamente il buio. Il di più di Carrisi non è nello stile ma nel contenuto, forte, fatale: i suoi mostri sono personaggi-architrave del nostro tempo, non soltanto individui diversi dagli altri, o magneti segreti di tutte le pulsioni sepolte di cui è costituita la vita del cittadino medio di una società capitalistica avanzata. Essi hanno anche una precisa funzione narrativa. Che cos’è un serial-killer, un mostro, e cosa comporta se non silenzio, travestimento, mimetismo, il far perdere le tracce di ogni identità? Ed ecco, allora, che Carrisi aggiorna e realizza a livello popolare, cioè andando dai contenuti verso le strutture (e non viceversa), ciò che hanno progettato i romanzieri colti degli anni Sessanta del secolo scorso: distruggere la verosimiglianza, la credibilità del racconto e in definitiva azzerare il peso della realtà.