Ho iniziato a girare per la mia città durante la “fase 1” del lockdown realizzando un reportage sul vuoto surreale di Roma e il mio. Smarrito, impaurito e arrabbiato come tutti credo, per quello che il nostro pianeta sta vivendo. Era il 12 marzo quando attraversando le strade vuote mi sono trovato a passare davanti alla casa di un amico caro, prima che un attore meraviglioso. Non ho resistito a citofonargli per salutarci a distanza e scambiarci emozioni. Ho scattato la prima fotografia, diversa da tutti i ritratti “comodi” a cui ero stato abituato nel mio percorso artistico. Così è nata l’idea di questo lavoro. Un “manifesto” del cinema che attende con ansia, studia, si prepara e non vede l’ora di ripartire.
Riccardo Ghilardi
Prove di libertà (Skira, pag.208, euro 35) è un libro destinato a rimanere, come testimonianza di un momento fondamentale della nostra storia (e ricordo di una bella mostra). Il centinaio di fotografie presente nel volume propongono ritratti di grandi protagonisti del nostro cinema scattati nei mesi del primo lockdown e alcuni cinema di Roma deserti affiancati a luoghi simbolo della città. Per Alberto Barbera, che ha curato l’introduzione, “Nel tempo della clausura imposta, ciascuno di noi si è affidato a un certo numero di rituali per limitare l’angoscia, occupare il tempo, liberare la mente dalle catene neanche troppo metaforiche che tenevano il corpo imprigionato dentro le mura domestiche: darsi da fare ai fornelli, rimpinzarsi di film e serie tv, cercare scampo nelle chat o nella lettura, uscire a cantare sui balconi. Evasioni virtuali, fughe ipotetiche, prove di libertà. Come quelle che Riccardo Ghilardi ha documentato con la sua macchina fotografica, fissando istanti emblematici nella vita di registi, attrici e attori alle prese con le prove inedite non di un film, ma di pura e semplice sopravvivenza. Il tempo sospeso della vita in pausa forzata ha regalato al fotografo l’occasione di una complicità senza precedenti fornendo a questi scatti un’autenticità che nessun ritratto posato, per quanto bello e riuscito, era forse riuscito a conseguire in precedenza”.(In apertura Jasmine Trinca).
Il Direttore della Mostra di Venezia ha evidenziato anche la forza, il pathos che attraversa il progetto:”Non è un caso che molte di queste bellissime immagini (alle quali il bianco e nero, molto più espressivo e ricco di sfumature di tanto colore, conferisce una ricchezza di toni e atmosfere straordinariamente evocative) siano ritratti sul limite: di una soglia, di una finestra, di un terrazzo. In uno spazio, cioè, che è ancora l’appartamento -cioè un interno – ma già non lo è più, perché ciò che traspare è la tensione verso il fuori , l’esterno…”