Da Il Mondiale è un’altra cosa (Bompiani) di Massimo Rota e Franco Dassisti ecco alcuni stralci dal racconto di Fulvio Collovati dell’epopea del Mundial 1982. Di come una squadra attaccata da tutti: politici (che facevano interrogazioni su un premio di qualificazione inesistente), giornalisti e tifosi riuscì a rinascere e contro i pronostici divenne campione del mondo. Come ricorda l’ex difensore di Milan e Inter:”Sulla carta partivamo battuti, in realtà sentivamo crescere convinzione e condizione, stavamo bene e avevamo dentro l’umiltà giusta, quella che ti fa diventare un leone…”. Fondamentale il Vecio Bearzot, che Bruno Conti chiamava papà e che si defilò dopo la vittoria per lasciare la ribalta ai calciatori. Convinto della forza della sua squadra a pochi minuti dalla partita con la Germania spronò i suoi giocatori:”un attimo prima della finale dissi ai ragazzi ricordatevi che la velocità è più importante della potenza. E noi siamo più veloci di loro. Può darsi che vi riempiano di lividi: ma prima devono prendervi”.
L’attesa
A Madrid eravamo alloggiati all’hotel Alameida, in piena periferia, di fronte a noi, a una cinquantina di metri, c’era un altro albergo il Barajas dove stava la Nazionale tedesca, perciò ci scrutavamo, ci guardavamo. Il giorno della partita mangiammo alle 13 e poi filammo in camera nel tentativo di riposare. Impossibile il solo pensarlo. Ti alzavi, prendevi un libro, accendevi la tv e il tempo non passava mai. Sembrava tutto fermo, cristallizzato nell’attesa dell’evento. Dentro l’aria condizionata, fuori un caldo pazzesco. Ho comunque aperto la finestra e mi sono messo a guardare l’albergo dei tedeschi. Non credevo ai miei occhi: molti erano là, stesi a prendere il sole a torso nudo. Ho riconosciuto Briegel, con i piedi appoggiati alla ringhiera del balcone, bello placido che si godeva il sole. Stasera, mi sono detto, vinciamo noi perché non sappiamo cosa sia la tranquillità, perché conosciamo, frequentiamo la sofferenza come nessun altro.
La notte, dopo
Quando tutto fu finito, verso mezzanotte, io e Bearzot uscimmo per ultimi. Con lui e Zoff c’era una complicità friulana, ci capivamo al volo perciò mi permisi:”Mister certo che adesso può prendersi delle grandi rivincite. Gli fa un culo così appena arriva in Italia a quelli che ci hanno insultato per mesi”. “Ti sbagli” – mi rispose – “Ricordati che mi faranno più male gli elogi di tutti quelli che ci hanno criticato con i loro insulti”. Due anni dopo siamo andati a Beirut a trovare le truppe italiane. Venne a prenderci il generale Angioni. Nel tragitto fra l’aeroporto e il campo militare si accalcavano migliaia di persone. I più acclamati erano il Presidente Pertini e Paolo Rossi. Una cosa impressionante, la certificazione che la nostra vittoria aveva colpito tutti, era entrata nel cuore della gente a livello globale.