A lui faceva riferimento in una battuta quando, nel 1963, comparve per la prima volta in L’arresto di Diabolik, e ci piace pensare che da lui abbia imparato proprio l’arte della discrezione, a mimetizzarsi nella notte scivolando via dagli sguardi troppo invadenti. “Ho frequentato della gente che poteva stare pari a voi!” disse bellissima e perentoria al re del crimine nel loro primo incontro, ma solo oggi possiamo dare un volto a quel veloce accenno, e venire a conoscenza di un periodo ancora nascosto del suo passato di adolescente. E a quel primo incontro si sono ispirati i fratelli Manetti per Diabolik , il film che uscirà nelle sale italiane il 31 dicembre prossimo, interpretato da Luca Marinelli, Miriam Leone e Valerio Mastandrea. Liberamente ispirato al terzo numero della serie a fumetti, per celebrare ancora una volta l’unicità di un personaggio anticonformista, elegante, femminista e sempre al passo coi tempi. Io sono Eva, però, non nasce in forma di fumetto. In origine, ci spiegano gli autori nelle note all’albo, avrebbe dovuto essere un romanzo di formazione, ma le lungaggini editoriali hanno convinto Artusi e Zilio a tornare alle tavole disegnate, dando alla stampa un racconto pieno di suggestioni, complesso e capace di inspirare nel lettore l’autentico sentimento di ribellione che ha animato i protagonisti negli ultimi sessant’anni. Un racconto nel racconto, per meglio dire, che si definisce in un gioco sapiente di rimandi e di riferimenti e nella capacità di “disegnare” personaggi a tutto tondo, dai tratti caratteriali solidi ma sfuggenti al tempo stesso. Tutto ha inizio quando Diabolik parla a Eva del prossimo colpo: “la preparazione richiederà una trasferta all’estero… per la precisione in Sudafrica”, dice, non sapendo di far riaffiorare in lei ricordi lontani che tornano ad affollare la mente.