“C’è chi fa il torero, chi il deputato. Io faccio il fotografo”
“Thomas è al lavoro nel suo studio. Sta dietro la macchina fotografica come dietro a una mitragliatrice, con lo stesso impeto distruttivo”
Io sono il fotografo. Blow-up e la fotografia, volume firmato Michelangelo Antonioni e Julio Cortazar pubblicato da Contrasto (pag.192, euro 24,90) ‘racconta’ un film sulla fotografia. Sui fotografi. Sulla macchina fotografica usata come mitragliatrice. Michelangelo Antonioni, il regista dell’incomunicabilità e di Monica Vitti che diceva “mi fanno male i capelli”, lo girò a Londra. Nel 1966. Blow-up vinse la Palma d’Oro al Festival di Cannes 1967. È il più bel film sulla Swinging London fatto da un non Brit. Senza Julie Christie (che era l’icona cinematografica di quella Londra/Inghilterra là). Con una modella già famosa ed esotico-teutonica (Veruschka). Un’altra che diventerà una ‘certa’ Jane Birkin. E una bellissima e modernissima Vanessa Redgrave. Tutte intorno a un attore così perfetto per quel ruolo/film, David Hemmings, da esserne assorbito per tutta la vita. Il volume di Contrasto ci immerge in quel mondo/epoca. Per la prima volta Blow-up viene ripreso, studiato, scomposto, analizzato. Ci sono i materiali inediti dell’Archivio Antonioni. Il racconto dello scrittore di mistery franco-argentino Julio Cortazar (Le bave del diavolo) che ispirò la storia del fotografo che mentre scatta un reportage fotografa un assassinio. Il soggetto integrale del film firmato Michelangelo Antonioni stesso. Un’intervista di Alberto Moravia al regista, uscita sull’Espresso all’epoca. Un saggio di Ernesto Franco su Cortazar e uno di Walter Moser, curatore per la fotografia dell’Albertina Museum. In apertura Michelangelo Antonioni sul set di Blow-up © Fondo Michelangelo Antonioni. Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara.
Dall’incomunicabilità e i capelli doloranti, alla riflessione su ciò che (c’)è e ciò che vediamo (filmiamo/fotografiamo). Thomas fotografa un omicidio, ma se ne accorge solo nella camera oscura. Sul negativo. I suoi occhi non l’avevano visto. Adesso sappiamo anche altro. nel volume ci sono le foto che Thomas appende alle pareti, realizzate da Don McCullin. Un mistery nel mistery. Finite le riprese scomparvero. Nel nulla. Fino al 1996. Trent’anni esatti dopo, un collezionista le acquistò a un’asta, a Londra. 21 foto riapparse dal nulla. In Io sono il fotografo ci sono tutte e anche le immagini scattate sul set da Eve Arnold. Ovviamente Thomas è un fotografo di moda. Cos’altro poteva fare per essere di moda nella Swinging London? Un fashion photographer che però vuole cambiare e darsi alla fotografia sociale. Michelangelo Antonioni che sapeva annusare l’aria e cosa ‘rubare’ per creare, si ispirò a professionisti dello scatto di moda come John Cowan (modello N 1), Brian Duffy, Terence Donovan e lo stesso David Bailey. Nel libro c’è anche il questionario spedito ai fotografi di moda durante la fase preparatoria del film e una scheda del giornalista Anthony Haden-Guest sul mondo dei fotografi, i loro usi, abitudini, costumi…