Da sempre Michel Houellebecq è vittima di un equivoco: in troppi pensano che si occupi della realtà, invece lui non è mai stato un testimone. Deforma, iperbolizza, inventa, non è interessato a raccontare la verità ma a crearla. Anche Sottomissione (Bompiani, pag.252 euro 17.50) non sfugge a questa regola. Dopo un decennio di Sarkozy e qualche turbolenza (“gli scontri erano iniziati, si distinguevano gruppi di uomini mascherati, mobilissimi, armati di fucili d’assalto…”), la Francia si consegna convintamente al partito della Fratellanza musulmana e al suo candidato Mohammed Ben Abbes. Ne consegue una islamizzazione per nulla forzata della società francese, con tanto di mezzaluna in metallo dorato sopra la Sorbona. Testimone dei fatti è François, studioso che ha scelto controvoglia la carriera universitaria e si trascina fra avventure con le studentesse e la preparazione di una Pléiade su Joris-Karl Huysmans, autore di quel A ritroso che a scuola ci hanno insegnato essere il romanzo manifesto del decadentismo e il vero punto di rottura col naturalismo. Mentre ci illustra la deriva di una Francia molle e pavida- ed è davvero incomprensibile come si possa definire questo romanzo anti-islamico, al limite è anti-europeo- Houellebecq ci consegna un saggio meraviglioso sulla tribolata evoluzione spirituale di Huysmans, sul suo stile immaginoso e turgido, sulla sua ricerca dell’astrazione e al medesimo tempo di un bruciante realismo. Come scrivo Baricco nel suo pezzo su Repubblica: “la parte più brillante, senza dubbio, è quella saggistica (tutti a rileggere Huysmans, dopo).” Però il resto di Sottomissione non è da meno, anzi. Si tratta di un monumento al nichilismo, scritto in una lingua stordente: la traduzione di Vincenzo Vega è impeccabile, ma in francese si rimane ammirati dalla versatilità stilistica, con le pagine che all’improvviso vengono attraversate da una lancinante tensione lirica. François finirà per convertirsi all’Islam come il suo scrittore più amato fece con il cristianesimo, ma non sembra potere sfuggire alla propria incapacità di entrare in rapporto attivo col mondo, in fondo è un personaggio che trae il suo spessore da un vasto e terrorizzante orizzonte di non senso. Houellebecq va al di là della perfezione e della musica per realizzare nello sfacelo, nella dissonanza e nel sarcasmo: “con le ex-amichette ci si dà ancora del tu, è cosuetudine, ma dai pompini si passa ai bacini.” lo stile puro (la purezza) della disperazione.