Chi ha amato Argo di Ben Affleck, con il suo racconto di una rocambolesca esfiltrazione, peraltro realmente accaduta nel 1979, di sei americani durante la rivoluzione in Iran, non può perdere la serie francese Le bureau – Sotto copertura (in originale Le bureau des légendes). L’ideatore e autore Éric Rochant (Un mondo senza pietà, Storie di spie), anche regista di alcuni episodi, ha immaginato un dipartimento – quello del titolo – che, all’interno della DGSE (Direction Générale de la Sécurité Extérieure cioè il servizio di spionaggio), ha il compito di formare e guidare a distanza gli infiltrati in zone a rischio. Obbligati a vivere in paesi ostili (nella realtà succede per brevi periodi, nella finzione addirittura per anni), la loro missione consiste nel reperire persone suscettibili di essere reclutate come fonti di informazioni. Operano “sous légende” ovvero sotto copertura, con un’identità totalmente fittizia, vivendo in una sorta di bipolarismo continuo che necessita al rientro di terapia sul lettino dell’analista. Il cast è di prima grandezza (Mathieu Kassovitz, Jean-Pierre Darroussin, Léa Drucker, Sara Giraudeau, Florence Loiret Caille, Jonathan Zaccaï, solo per citare i protagonisti), e in Francia la seconda stagione si sta per concludere su Canal+, mentre sono da poco iniziate le riprese della terza.
La prima stagione ha conquistato il pubblico con il suo triplice intrigo: il ritorno a Parigi di Guillaume Debailly (Kassovitz) che ha vissuto a Damasco per sei anni e – non rispettando il rigido protocollo – fatica ad abbandonare la sua falsa identità, quella di Malotru, a causa della storia d’amore con Nadia (Zineb Triki); la formazione di una giovane da poco reclutata, Marina Loiseau (Giraudeau), appena diplomatasi al Politecnico con una specializzazione in sismologia; il salvataggio di Cyclone (Mehdi Nebbou), agente infiltrato in Algeria, di cui si perdono le tracce dopo una serata tra amici. Nella seconda stagione, che si svolge quattro mesi dopo la precedente, il coinvolgimento della Cia si fa sempre più sentire, la giovane recluta parte per la sua prima missione in Iran e la DGSE deve vedersela con una nuova crisi: un jihadista francese, diventato militante di Daech, che irride pubblicamente la Francia, minacciandola con un atto sanguinario. Gli episodi di questa seconda stagione sono stati girati nel novembre 2015, all’epoca degli attentati terroristici a Parigi e, inevitabilmente, la realtà è entrata di prepotenza nella finzione. Come ha dichiarato Mathieu Kassovitz a Le Monde, « che lo si voglia o no, anche se non cerchiamo di seguire l’attualità, ci siamo in mezzo, e questa situazione influenza le nostre emozioni e la nostra recitazione».
La serie è stata girata alla Città del cinema di Saint-Denis, nella periferia della capitale, ma la vera DGSE, pur non essendo coinvolta in nessun modo nella produzione, ha permesso agli scenografi di effettuare dei sopralluoghi nella sua sede in Boulevard Mortier a Parigi. Per questioni di sicurezza non è stato permesso scattare foto, ma gli scenografi hanno potuto realizzare degli schizzi per riprodurre in maniera quanto più fedele la sala di crisi. Se per alcuni aspetti può ricordare Alias di J.J. Abrams, Le bureau des légendes ha, in realtà, più di un punto in comune con Homeland di Alex Gansa e Howard Gordon, innanzitutto per il realismo e l’accuratezza nella documentazione e nella scelta di trattare scenari geopolitici a rischio (rispettandone cultura, tradizioni e lingue), oltre che nel cercare di affrontare in maniera non banale la più stringente attualità. Una serie raffinata che dimostra, una volta di più, l’alta qualità della fiction d’Oltralpe.