Rubin Baksh è un Rakshasa, un demone della tradizione indiana che si nutre di carne umana. Nei secoli, e dopo una sconfitta in una battaglia che lo ha visto finire con la schiena spezzata, ha iniziato a lavorare come cuoco in un ristorante nascosto alla vista di chi gli darebbe volentieri la caccia. Un evento scuote la sua routine: la scomparsa del regista Anthony Bourdain. Il lutto colpisce Rubin, che decide di realizzare un documentario che racconti al grande pubblico i sapori e le tradizioni della cucina che ha sempre amato. Per farlo decide di ingaggiare Mo, un aspirante regista che sembra non avere successo e nemmeno l’intenzione di aiutare Rubin che si assicura i suoi servizi con uno stratagemma. I due intraprendono un road trip che li porterà a diventare un’improbabile coppia di amici e a condividere un segreto inquietante e cacciatori di demoni alle calcagna. Rare Flavours – Gusti Inconsueti, scritto da Ram V e illustrato da Filipe Andrade (Edizioni BD, pag. 128, euro 20) è un’opera sui generis che va a mescolare horror, urban fantasy e quel filone narrativo a tema culinario sulla scia di opere come Gourmet di Jiro Taniguchi e la serie Netflix Samurai Gourmet. L’aspetto interessante è che la commistione non è solo a livello di genere, a mescolarsi sono proprio i ritmi. Incredibile a dirsi, Rare Flavours – Gusti Inconsueti sembra, a tratti, un video di Giorgione Barchiesi. E funziona.
Il passo della storia è proprio quello. Lento ma disteso, piacevole, rilassante e rassicurante. La gente viene uccisa e mangiata, per lo più fuori scena ma è chiaro che questo fatto ha luogo eppure non è l’inquietudine il sentimento che prevale nel corso della lettura. L’effetto è quello che si ottiene guardando un video in cui qualcuno cucina un piatto goloso, con una punta di malinconia perché insieme alle ricette vengono raccontate vicende umane agrodolci, storie d’amore e di dolore, di lutto e di gioia. A dettare i tempi della narrazione è Rubin, un corpulento e malinconico esteta del gusto che vuole lasciare al mondo il suo testamento spirituale e che per farlo non si fa particolari scrupoli, un manipolatore decadente ma con un suo fine non privo di una certa nobiltà. La lentezza stanca e voluttuosa al tempo stesso sembra emanata direttamente dal suo corpaccione che attraversa l’India senza fretta, dispensando storie e consigli culinari che mostrano quanto il cibo sia cultura. Il tratto di Filipe Andrade è caldo, morbido e poco nitido, adatto a raccontare una cultura che del caos ha fatto la propria cifra, cultura ricca di elementi profondamente eterogenei che convivono in un umano che in qualche modo le fonde tutte insieme in un sapore diverso, ottenuto dalle sue componenti che però sembrano non distinguersi più. L’aggettivo inconsueti presente nel titolo definisce bene un’opera che porta il pastiche su un livello di naturalezza una spanna più alto rispetto alla media di un fumetto che ha fatto della metanarrazione una pratica stanca e ripetitiva. Ram V rimonta la macchina che altri hanno smontato e la fa ripartire con una freschezza e una levità rare.