Uno strano paese sembra sfuggire alle leggi della fisica, riflettendo in qualche modo la psiche del dittatore che lo governa e che lo ha fondato, lasciando una scia di fiori rossi al suo passaggio. In un teatro, la barriera tra realtà e finzione sembra esser sottile come un foglio di carta velina, ammesso e non concesso che esista realmente. In una città dai contorni mai troppo precisati, un ispettore trova uno studente morto in un appartamento dando così inizio a un’indagine che va oltre sé stessa per sconfinare in qualcosa di più sottilmente inquietante. Il weird è un buon posto per debuttare, per quanto non si tratti del tutto di un debutto. Lucio Besana, infatti, si occupa di scrittura a livello professionale già da prima di uscire nelle librerie con i suoi libri, Visioni simultanee di un ispettore e di un assassino e il notevole Storie della serie cremisi, entrambi pubblicati da Edizioni Hypnos, una realtà che si è ormai da tempo affermata come autorità assoluta nella nicchia. Sceneggiatore dei lungometraggi The Nest – Il nido di Roberto De Feo e A classic horror story, dello stesso De Feo in coppia con Paolo Strippoli, Besana padroneggia il mezzo narrativo attestandosi su standard molto alti. Il mestiere c’è e si vede tutto. Nelle sue opere uscite finora, considerabili per certi aspetti una l’estensione dell’altra, al punto che in un solo volume non sarebbero state affatto male, lo scrittore si cimenta in un genere sfuggente e spesso non semplice da inquadrare imprimendogli una profonda impronta metafisica, quasi dechirichiana in racconti come Un viaggio nella Matamonia di Esagro Noroi, short story che sarebbe il singolo di lancio se Storie della serie cremisi fosse un disco.
Qui si trova infatti la vera sintesi di tutto il lavoro di Besana, il racconto di una realtà fuori registro, riprodotta certamente a partire da quella originale ma solo dopo che qualcosa ha fatto saltare un fusibile nella fase di copiatura facendo uscire un risultato non pasticciato ma in qualche modo non fedele alla fonte, spostato lateralmente di quel passo o due che genera l’inquietudine a volte velata a volte meno su cui si costruisce l’atmosfera dei racconti. Besana lavora di fino, non carica a testa bassa quanto piuttosto su un disagio costante e dosato con misura tale da mantenere il lettore sempre esposto all’inquietudine e lasciarne i nervi sfibrati a fine lettura senza bisogno di jump scare o scene di ferocia inutilmente urlata. C’è il distacco di Kafka, nello stile di Besana, una voce calma e monocorde ma solo in apparenza, perché i tasti che vuole toccare li sfiora ma non per questo non ottiene l’effetto che desidera. Visioni simultanee di un ispettore e di un assassino e Storie della serie cremisi costruiscono, in sole due opere, una poetica ben definita, con una voce conscia dei propri elementi distintivi proprio perché consapevole di dove vuole arrivare e, chi scrive lo suppone ma non crede di sbagliarsi, con le radici ben affondate in un terreno ricco e nutriente. Lucio Besana è un cavallo di razza, un narratore autentico con il potenziale di riservare sorprese interessanti e di possibile caratura internazionale.