Su Netflix le pillole surreali di The Midnight Gospel

Un ottimo esempio di animazione giunto da poco su Netflix è la miniserie in otto episodi The Midnight Gospel, ad opera di Pendelton Ward, il creatore di Adventure Time, e dell’attore e comico Duncan Trussell. È proprio il programma di quest’ultimo, intitolato The Duncan Trussell Family Hour, a costituire la fonte sonora e concettuale attorno alla quale si dipana il Chromatic Ribbon, multiverso delineato da Ward dal quale lo spacecaster Clancy Gilroy (ovvero lo stesso Trussell) trasmette i suoi podcast. E il mondo che Ward crea è davvero bizzarro e surreale, a metà tra l’estetica vaporwave e un Fantasia disneyiano all’acido. Se i fan di Adventure Time si aspettano la classica serie dalla trama orizzontale, o comunque insieme di più archi narrativi, ne rimarranno forse delusi in principio, ma lo stupore lascerà presto spazio alla curiosità. The Midnight Gospel è infatti un unicum nell’universo dell’animazione, poiché, di fatto, è un podcast, animato. Dialogare con il Presidente del Pianeta Terra 4-169, esperto di sostanze psicotrope, mentre la Casa Bianca è al centro di un’apocalisse zombie e scoprire che la condizione di non-morte di questi ultimi si concretizza in una sorta di illuminazione buddhista; visitare il pianeta dei pagliacci dove piccoli clown nascono dalla frutta per essere divorati da cani-cervo destinati alla macellazione e discutere con loro di accettazione della morte; unicorni che defecano e vomitano gelato in un mondo di oceani solcati da navi governate da gatti, dove analizzare comparatisticamente la magia cerimoniale, Aleister Crowley e la Bibbia; un cane di nome Charlotte che mangia il concime allucinogeno di una rosa curativa trovata su un pianeta medievale dove Trudy la Barbara spiega l’importanza degli affetti e del perdono mentre sconfigge i nemici armata di balestra e frecce di baci; vivere il ciclo delle reincarnazioni di un’anima perduta a cui hanno tagliato la lingua sul pianeta-prigione Luna RT38, dove Buddhismo e Induismo si fondono in un Megazord psichedelico.

 

 

Queste sono le avventure e i mondi a cui Clancy accede dal suo simulatore a forma di vagina gigante e dai quali torna sempre con un’intervista e un paio di scarpe nuove, quasi fosse una Dorothy che non si perde a Oz ma al contrario si destreggia tra le sue dimensioni parallele. La combinazione tra le folli immagini create da Ward e la natura metafisica dei podcast di Trussell genera pillole surreali che visivamente paiono scaturire, in chiave pop, dal Giardino delle delizie di Bosch o dai Proverbi Fiamminghi di Bruegel il Vecchio, offrendo prospettive cruciali sulle indagini attorno all’esistenza. Le esplorazioni del protagonista iniziano con naturalezza e il costante approfondimento che segue rende le conversazioni coinvolgenti. La curiosità e le domande di Clancy sono organiche, indagano i temi trattati, dalla sofferenza emotiva al dolore fisico, dalla trascendenza alla meditazione – come fa Trussell durante i suoi podcast – con un entusiasmo sincero e contagioso. La natura spensierata delle prime puntate lascia in seguito il passo a episodi più intensi fino al culmine del finale di stagione, dove il confine tra la dimensione pubblica e quella privata di Trussell si fa più labile: si parla di famiglia, di elaborazione del lutto e di come la morte impatti sulla nostra vita più prossima, concreta e non speculativa. The Midnight Gospel è tutto questo e risulta piuttosto sterile chiedersi se la commistione tra dialoghi e immagini propenda a favore di uno dei due fattori. Piuttosto, sta ad ognuno di noi cogliere l’occasione per compiere, di episodio in episodio, il proprio percorso percettivo e introspettivo.