Top Secret di Simon Menner: quando c’era la Stasi…

Il servizio segreto della Germania Est fotografava tutto, ma proprio tutto. Ce lo racconta Top Secret, un incredibile libro fotografico di Simon Menner. Dopo due anni di ricerche negli sterminati archivi della Stasi, il fotografo berlinese ne è rimerso con un libro che è un inno all’idiozia della repressione fine a se stessa (Top Secret è inedito da noi ma acquistabile on line). Si tratta di un viaggio fra i milioni di fotografie scattate dagli agenti segreti della Ddr con la pretesa di tenere sotto controllo qualsiasi aspetto della vita sociale e privata dei loro concittadini. Il volume si articola in tre grandi sezioni: insegnamenti, osservazioni e affari interni. Le più interessanti e un poco demenziali sono le immagini tratte dai seminari tenuti con lo scopo di insegnare il miglior modo di cammuffarsi, molto gettonato “il mammone con l’aria innocente”. Le foto mostrano i tirocinanti che indossano cappelli di pelliccia, con occhiali da sole cerchiati d’oro e baffi finti (in pratica il cliché dell’agente segreto nei film di James Bond), oppure travestiti da “turisti occidentali” con macchine fotografiche e sorriso idiota, da autostoppisti con bottiglia di birra in mano e persino da orso in giro per il parco durante una festa dello sport. Le fotografie sono state uno strumento chiave per l’ossessiva sorveglianza della Stasi. Ogni volta che veniva effettuata una perquisizione si scattavano decine di Polaroid in ogni stanza e a qualsiasi cosa (dal letto disfatto ai libri, dalle stoviglie alle scarpe); poi c’erano operazioni assolutamente assurde come quella di fotografare tutte le persone che utilizzavano una buca delle lettere per scoprire se c’era qualcuno che scriveva in Occidente (qui di fianco la foto di un’anziana che ignara imbuca…). Rimane un mistero comprendere come cercassero i sospetti fra centinaia di persone che semplicemente spedivano una cartolina o una lettera. Una sistematica invasione della privacy poteva portare alla rovina sociale, alla prigione, al disastro senza un vero motivo dato che le immagini venivano “interpretate” dagli esperti che decidevano arbitrariamente cosa si potesse considerare consono a una società socialista e cosa non lo fosse.

Questa apoteosi del Grande Fratello è stata selezionata dal Paris Photo Photobook Awards fra i dieci migliori libri d’esordio del 2013. Alla fine il lavoro di Menner ti entra dentro ed è rimasta nel tempo come un’acuta riflessione sull’uso delle immagini come strumento di controllo, un racconto spionistico angosciante perché reale, che ti trasmette l’insicurezza di vivere in un paese dove non ci si poteva considerare al sicuro da sguardi indiscreti nemmeno nel proprio letto.