A perfect day, per dirla con Lou Reed. Anche senza bere sangria nel parco, comportamento che immagino mi procurerebbe un mare di guai, anche se da oggi, in virtù del quarto tampone negativo, il governo giapponese mi considera meno pericoloso, consentendomi di passare dal test quotidiano a uno ogni quattro giorni. Di più. Per la prima volta mi hanno rifatto la camera, dopo 72 ore nelle quali il personale dell’albergo – come peraltro mi era stato annunciato – ne era stato prudentemente alla larga. Certo, per avventurarmi di sera fuori dall’hotel devo sempre compilare un foglio con i miei dati e soprattutto rientrare entro quindici minuti, tempo che solitamente utilizzo per procurarmi un cheeseburger in un locale distante meno di cinquanta metri, ma qualche segnale incoraggiante sta arrivando. Il giorno perfetto si riferisce alle due manifestazioni che ho seguito, la prova di qualificazione della squadra femminile di ginnastica artistica e il debutto della nazionale di basket, entrambe risoltesi con esiti trionfali per i colori azzurri e in particolare per Vanessa Ferrari che, alla sua quarta olimpiade e reduce da due beffardi quarti posti nel corpo libero, si è qualificata per la finale, ottenendo il miglior punteggio, davanti a Simone Biles, la migliore ginnasta in attività. Missione compiuta anche per la squadra, nonostante l’assenza dell’infortunata Giorgia Villa, campionessa italiana in carica ed erede designata della Ferrari, qualificatasi per la finale dì mercoledì, mentre Alice D’Amato e Martina Maggio venerdì saranno in lizza, in vero senza nessuna possibilità di salire sul podio, nel concorso generale. Un en plein per nulla scontato, impreziosito dall’exploit di una Vanessa mai vista così sorridente e fiduciosa, pronta a inserire nel suo esercizio altre difficoltà per incrementare le possibilità di mettersi al collo la tanto agognata medaglia olimpica, l’unica che manca alla sua collezione e per ottenere la quale è ancora in pedana nonostante i tanti infortuni e i trent’anni suonati, età ragguardevole per una ginnasta. A proposito. Ieri si è vista per l’ultima volta in azione Oksana Chusovitina, 46 anni compiuti, all’ottava Olimpiade. Un record destinato a resistere nel tempo, per la specialista del volteggio che, complici vicende politiche e personali, ha gareggiato per l’Urss, la Comunità degli Stati Indipendenti, l’Uzbekistan (è nata a Bukhara) e la Germania. E forse è un primato anche questo.
Dal canto suo, la nazionale di Meo Sacchetti, dopo il recente, clamoroso blitz a Belgrado che è valso la qualificazione olimpica a 17 anni dalla precedente partecipazione, ha superato 92-82 la Germania nella partita d’esordio. Un risultato per certi versi fuorviante, in quanto l’Italia ha quasi sempre inseguito, raggiungendo e staccando di slancio gli avversari soltanto negli ultimi cinque minuti, dopo aver fatto i conti con ritardi anche in doppia cifra. Il 12-0 finale la dice però lunga sulla freschezza fisica e mentale di un gruppo che non nasconde dì puntare in alto. Una giornata perfetta, dunque, a parte lo shock termico. Terminata poco prima di mezzogiorno l’intervista a Vanessa, ho infatti atteso per una ventina di minuti, sotto il sole a picco, il mezzo che mi avrebbe portato all’impianto che ospita il torneo di basket. All’interno del quale la temperatura era semplicemente rigida. Ne fa prova l’abbigliamento del saggio Sandro De Pol, attuale commentatore per la Rai dopo una brillante carriera da giocatore, che indossava felpa con cappuccio e giubbotto, con grande invidia di noi tra l’altro ben più attempati giornalisti in maglietta e pantaloncini corti. D’altronde fuori fa caldo, come è normale in questa stagione a Tokyo, tant’è che i saggi organizzatori dei Giochi del 1964 avevano scelto le settimane centrali di ottobre. Quisquiglie, comunque, considerando che è annunciato un tifone…