Giovedì 25 luglio era per tutti la vigilia dell’attesa e temuta cerimonia d’apertura; per noi italiani quello dell’arrivo a Parigi del presidente della Repubblica Sergio Mattarella (che per l’occasione ha dato un passaggio – ero tentato di scrivere uno strappo, ma la scaramanzia ha avuto il sopravvento – a Gimbo Tamberi, mentre l’altra portabandiera, Arianna Errigo, era arrivata il giorno prima con… mezzi propri) e per i giornalisti accreditati che ne avessero fatto tempestivamente richiesta la ghiotta possibilità di accedere al villaggio olimpico, altrimenti off limits, nel rispetto di una tradizione che vuole la presenza limitata ad atleti e allenatori. Diversi racconti, il primo quello di Giorgio Lamberti, che, pur non avendo avuto fortuna ai Giochi, ha sempre descritto il Villaggio come un luogo speciale, avevano ingenerato una curiosità e un’attesa che talvolta finiscono con il diventare l’anticamera della delusione. E invece ho passato tre ore da Alice nel Paese delle meraviglie (libro che peraltro non sono mai riuscito a finire, ma che immagino possa adattarsi a illustrare il mio ammirato stupore) cercando di identificare dalle divise le nazionalità degli atleti, qualche volto noto, le bandiere che penzolano dalle finestre delle palazzine, ma soprattutto respirando l’aria festosa di chi si gode la qualifica di atleta olimpico, indipendentemente dal fatto che possa o meno diventare olimpionico.
Il caso ha voluto che, non appena entrato nel Villaggio e salutato il direttore comunicazione del Coni Danilo di Tommaso, mentre mi chiedevo come mai fosse vestito della festa, sopraggiungesse, a fornirmi la risposta, proprio Mattarella, che aveva concluso la sua visita. Sarebbe eccessivo parlare anche di Breve incontro (capolavoro di David Lean premiato a Cannes nel 1946), ma certo meglio di così il pomeriggio non avrebbe potuto cominciare. Grazie all’antica amicizia con Enrico Casella, bescianissimo direttore tecnico della nazionale di ginnastica artistica femminile, ho fatto un giro nella palazzina che ospita gli azzurri, avendo la ventura di incontrare Gimbo Tamberi e Paola Egonu, che peraltro non è ospite del Villaggio, così come tutte le pallavoliste, per scelta di Velasco, dettata da valutazioni logistiche. In effetti la cittadella degli atleti si trova nel comune di Saint-Denis, fuori anche dalla cintura periferica di Parigi, e quindi piuttosto lontana dai campi di gara e allenamento. La squadra maschile guidata da Fefé De Giorgi ha invece optato per la sistemazione tradizionale, per far vivere ai giocatori un’esperienza unica, ci ha spiegato l’ex palleggiatore della Gabeca Montichiari (inutile girarci intorno: le mie conoscenze ormai si limitano ai tecnici più o meno coetanei, preferibilmente con natali o trascorsi bresciani, come ad esempio il coach della nazionale spagnola di basket Sergio Scariolo, che si trovava però a Lille, dove si disputerà la fase a gironi). Esperienza unica sul piano umano, ma non esaltante in termini di spazi, visto che le camere sono spartane, con i famosi letti di cartone, già utilizzati peraltro a Tokyo, e con un bagno ogni due o tre alloggi. Gli atleti sono di fatto alloggiati in appartamenti che, una volta terminati i Giochi, verrano messi sul mercato senza necessitare di particolari interventi, mentre gli oltre 14.000 letti saranno riciclati facilmente, proprio grazie al materiale con il quale sono stati costruiti. È la sostenibilità, bellezza.
Sempre meno sostenibili sono invece gli spostamenti e non voglio nemmeno pensare a cosa accadrà nel giorno della cerimonia d’apertura, quando in centro gran parte delle stazioni della metro verranno chiuse. L’apertura del Villaggio olimpico ai giornalisti terminava alle 18, orario che ha coinciso con il termine della partita della Francia di rugby nel vicino Stade de France, circostanza che ha determinato un ingolfamento epocale alle fermate delle due linee che servono l’impianto. Ad allungare ulteriormente il rientro a casa – nei prossimi giorni mi ripropongo di parlarvi dell’appartamento di rue Château d’Eaux, singolare sia per le sue caratteristiche, sia per quelle dei proprietari – ha poi provveduto un giovane visibilmente alterato, le cui escandescenze hanno causato una violenta rissa in una carrozza sovraffollata, davanti agli occhi terrorizzati di alcuni bambini (e a quelli impauriti del sottoscritto) con relativa sosta prolungata nella stazione di Châtelet. E la Gendarmerie? Impegnata massicciamente in superficie. La sensazione è che in questi giorni di grande allerta la microcriminalità possa godere di una libertà senza precedenti…
(Le immagini sono di Franco Bassini)