Qualcuno l’ha definito il più grande viaggio dopo l’Odissea. In effetti l’epopea di Ernest Shackleton e del suo equipaggio va oltre l’umano e sconfina nel mito. Il Trento Film Festival ha dedicata a questa grande storia una splendida serata dal titolo: South! The last trip. Reinhold Messner, con la preziosa regia di Sandro Filippini ha proposto un’emozionante narrazione su Ernest Shackleton. Costui agli inizi del Novecento era l’esploratore più amato e seguito del mondo e partì per l’Antartide a capo di un fidato gruppo di uomini a bordo della nave Endurance che venne stritolata dai ghiacci polari, con la spedizione finì alla deriva fuori rotta. A rientrare impiegarono quasi due anni. Nell’introduzione a La lunga notte di Shackleton di Mirella Tenderini Sandro Filippini così inquadra la missione partita alla ricerca di soccorsi, iniziata in cinque con una scialuppa scoperta su un mare che definire pericoloso è poco:” Un’impresa folle, che, pur riscita non li portò direttamente in salvo: Shackleton e i suoi quattro compagni, infatti, dopo sedici giorni di navigazione, furono costtetti a sbarcare nella selvaggia costa ovest, lontano da ogni segno di civiltà, e a procedere a piedi verso la costa est, affrontando la traversata di due catene montuose mai scalate prima di allora. Almeno 25 chilometri in linea d’aria, senza mappe, con un percorso tutto da scoprire attraverso grandi ghiacciai senza alcuna attrezzatura specifica.” Messner conosce ciò di cui parla, ha ripetuto la traversata della Georgia Australe insieme a due alpinisti, con attrezzature adeguate, conoscendo il percorso e ha sempre affermato di ritenere inspiegabile l’impresa di Shackleton. Il grande Reinhold nella sua rubrica sulla Gazzetta ha scritto che c’è un solo modo per comprendere quell’impresa, resa reale:”dalla capacità di quegli uomini di credere possibile anche l’impossibile. Soltanto la fiducia nelle capacità di chi li comandava, ma anche in se stessi, poteva allontanare gli spettri della disperazione e tenerli in vita.”