Immaginate di vedere il tipico ragazzo gay e il tipico ragazzo etero, entrambi sulla trentina, che per qualche caso della vita, forse una compagnia adolescenziale della quale entrambi hanno fatto parte prima di diventare “adulti”, sono amici e condividono le loro esperienze, che poi sono le esperienze di tutti noi: le uscite con gli amici, la ricerca di sesso, le app di incontri, le/gli ex, gli strascichi dei rapporti con le/gli ex, le famiglie, la difficoltà di crescere e soprattutto… le interminabili partite ai videogiochi. Anzi le interminabili partite con la console Nintendo a Super Mario Bros, un gioco a livelli, complesso e banale allo stesso tempo, pieno di sfide e pericoli, missioni a breve e a lungo termine, azioni iterate talvolta prive di un senso chiaro e una colonna sonora assai ripetitiva: insomma un’ottima metafora della vita…. Immaginate che questi due ragazzi ci raccontino separatamente le loro esperienze quotidiane, dandoci ciascuno la sua versione di eventi che spesso li hanno coinvolti entrambi, e solo per brevi tratti le loro voci si incastrino in un vero e proprio dialogo, sostenendosi, correggendosi, contraddicendosi… Ecco: avete immaginato la trama di Fag / Stag – Amici di genere, una pièce fulminea degli australiani Jeffrey Jay Fowler & Chris Isaacs messa in scena dal 14 al 18 Giugno al Ghe PensiMi di Milano e il 26 giugno all’Ex Convento dell’Annunciata di Abbiategrasso da Dogma Theatre Company con Angelo Di Figlia e Gabriele Colferai, che ne firma anche la regia. Con questo spettacolo, che verrà riproposto prossimamente al Teatro dell’Elfo, la compagnia ha vinto il premio FringeMi Festival 2022.
Il testo ha una sua intelligentissima leggerezza nel mettere a fuoco gli stereotipi legati all’identità di genere maschile in quello spazio sociale intermedio tipicamente metropolitano in cui gli orientamenti sessuali (etero e omo) si incontrano e convivono più o meno pacificamente: nello slang delle comunità LGBT statunitensi la locuzione «Fag stag» indica proprio un uomo eterosessuale che ha amici omosessuali, con i quali esce anche nei loro locali senza timore di essere identificato come omosessuale a sua volta. Di Figlia e Colferai sono bravissimi nel tratteggiare quegli stereotipi usando tutta una serie di contrappesi che permettono loro, nello spazio ludico che il testo dispone, di non rimanerci intrappolati. La scena è spoglia, i movimenti degli attori sono pochi, geometrici e scanditi dalle musichette campionate del videogioco a cui stanno giocando: tutto nasce dunque dalla voce e dalle sue modulazioni in questa pièce che è in equilibrio perfetto tra il teatro di parola e il teatro del corpo. Al netto delle gag che ritmano lo spettacolo, il risultato è il ritratto umanissimo di una coppia di amici che si vogliono bene, due «bro» che cercano di capirsi e aiutarsi con la stessa caparbietà con cui cercano di finire Super Mario Bros, al di là degli inevitabili fraintendimenti e dei pesi delle rispettive solitudini, finendo per mettere in scena un affetto imperfetto ma puro che trascina il pubblico, tra molte risate e un paio di climax emotivi implacabili.