Cannes74 – Nanni Moretti: i miei film sono i diversi capitoli di un unico romanzo

Un padre (Riccardo Scamarcio) che tradisce la moglie con la vicina ragazzina (Denise Tantucci),  soprattutto ossessionato dalla paura che la figlia bambina sia stata violentata dall’anziano vicino. Una giovane madre (Alba Rohrwacher) col marito (Adriano Giannini) lontano che le impedisce di avere rapporti con il  fratello. Un giudice (Moretti) che costringe la moglie (Marcgehrita Buy) a scegliere tra lui e il figlio. I personaggi, contati, sono 14 (forse anche di più). Compreso lui. Che si mimetizza nel gruppo. E che come al solito è stato protagonista della conferenza stampa: un irresistibile One Moretti Show.  I piani sono quelli del palazzo romano in cui i personaggi si incrociano nel fluire di 15 anni. Alcuni li incontriamo neonati. Altri li saluteremo prima del the end. Uomini e donne. Coppie: mariti e mogli. Famiglie: genitori e figli. Fratelli. Nonni e nipoti… Moretti e le sue due co-sceneggiatrici Federica Pontremoli e Valia Santella hanno preso il canovaccio del romanzo omonimo di Eshkol Nevo (Neri Pozza) e l’hanno riadattato. Da Tel Aviv a Roma. Dalla pagina scritta allo schermo. Da storie separate a incroci continui.

 

 

 

La genesi del film
Tutto è nato un giorno di 4 anni fa. Federica Pontremoli mi ha suggerito di leggere il libro. Cercavamo una storia. E lei mi ha presentato quella. Tre piani, il film, è nato così. Più passa il tempo e più amo quello che faccio, il mio lavoro. Ma nello stesso tempo so che la passione non basta. Sono diventato più consapevole delle conseguenze delle mie scelte. Forse anche per questo mi è piaciuta questa storia. Perché questo è uno dei temi del libro. Insieme alla colpa, la responsabilità di essere genitori e in generale delle nostre azioni,  della giustizia. Non volevo protagonisti e protagonismi. Come non volevo i soliti cliché. La musica, la scenografia, la sceneggiatura, il montaggio: tutto doveva essere diverso. In Tre piani non doveva esserci neppure un filo di autocompiacimento personale, ma un gruppo di esseri umani. Ai miei attori ho chiesto realismo ma non immedesimazione: dovevano essere autentici. Grazie a loro i personaggi sono diventati persone. Anche un personaggio ambiguo come quello di Scamarcio fa scattare l’empatia. E tutte le scene di tutti sono scene madri. Non c’è un protagonista. Nella prima parte è più importante Riccardo Scamarcio. Poi lo diventa Alba Rohrwacher. Quindi tocca al giudice e a sua moglie, soprattutto.

 

Il tango
La scena del “tango anarchico” per strada, l’abbiamo aggiunta noi. Nel libro non c’è. Era un modo per legarmi ai miei primi 45 anni di cinema. Alla fine considero i miei film come i diversi capitoli di un unico romanzo… In Tre piani c’è il ballo che è una mia passione. Qui ha un significato particolare. Costringe i personaggi a uscire di casa. Ad aprirsi al mondo. Anche al futuro, forse. Penso sia una bella metafora di questi nostri tempi. In fondo la pandemia ha smascherato quella che credevamo una verità: ci eravamo chiusi nelle nostre vite e appartamenti, pensando che fosse bene. Che potessimo fare a meno degli altri. Era una bugia.  Noi non possiamo non sentirci comunità. Quello che non c’è in Tre piani è l’ironia. Avrebbe stonato.  Non penso di aver fatto un film drammatico, ma doloroso.

 

 

I personaggi femminili
I personaggi femminili sono un inno alla vita. Per me è così. Sono loro quelli che si aprono al cambiamento. I maschi restano testardi ostinati sulle loro posizioni. Che per me sono sbagliate. Il giudice nella sua durezza verso il figlio. Scamarcio schiacciato dalla sua paura. Adriano Giannini che rifiuta di avere a che fare col fratello. Invece le donne cercano di guardare avanti, a nuove relazioni, a nuove possibilità. Interpreto il giudice. Sono state le mie due co-sceneggiatrici a dirmi che dovevo interpretarlo io. E io ho obbedito. Il film finisce con una serie di sorrisi. Senza rivelare troppo: quello di Alba, quello di Riccardo. È necessario sorridere al futuro. Magari non troveremo la soluzione, ma tireremo una boccata di sollievo. Dopo tanto dolore per me rappresenta un ponte verso qualcosa di nuovo e diverso. Non volevo vincesse l’ostinazione maschile di restare inchiodati al proprio ruolo. Padre giudice. Fratello che odia il fratello. Padre ossessionato dal suo voler proteggere la figlia. Volevo aprirmi al futuro, uscire di casa. Con il sorriso, appunto.

 

 

In edicola alle 4 del mattino
Sinceramente 40 anni fa leggevo tutte le critiche. Andavo nelle edicole alle 4 del mattino, quando aprivano. Adesso dormo tranquillo e leggo quelle di un paio di quotidiani, ma come faccio sempre. Quello che invece non è cambiato è il mio piacere di vedere e voler far vedere i miei film al cinema. Tre piani è stato fermo più di un anno perché io non ho voluto che andasse in streaming su Amazon o Disney. Doveva uscire nei cinema quando sarebbe stato possibile.