Fantasy e romanticismo per il nuovo film di George Miller (anche autore della sceneggiatura con Augusta Gore), presentato fuori concorso al Festival di Cannes che racconta la conversazione tra un genio (Idris Elba) uscito da una lampada e una studiosa di storia e mitologia (Tilda Swinton). Il film è ispirato al racconto Il genio nell’occhio d’usignolo (The Djinn in the Nightingale’s Eye) di Antonia Susan Byatt e segna il ritorno dietro la macchina da presa e a Cannes di George Miller a distanza di sette anni da Mad Max: Fury Road.
Il potenziale
Avevo letto il racconto di A.S. Byatt, mi è rimasto in testa, mi seguiva, è un racconto ricco, dal grande potenziale. Il tempo è passato e ne abbiamo fatto un film. Non è stato così semplice, naturalmente, ma si trattava di una storia solida, che parla delle principali questioni della vita umana, è qualcosa che non ti lascia e sono contentissimo di aver realizzato questo film.
L’equilibrio
La prima conversazione che ho avuto con Idris Elba sul film dopo che aveva letto la sceneggiatura e mi aveva detto che voleva essere nel film è stata illuminante. Mi ha detto che voleva girare come prima cosa i flashback e che gli sarebbe piaciuto essere ripreso mentre raccontava una storia. Fino a questo scambio non avevo mai pensato alla questione della storia sulla storia perché era palese per me, ma penso sia l’equilibrio tra queste due storie a funzionare.
Gli attori
Penso che tutte le storie che raccontiamo hanno un lato allegorico, c’è una dimensione poetica che è aperta all’interpretazione di ognuno, si vede un film e lo si interpreta a seconda delle proprie esperienze nella vita. Penso che le storie di fantasia affrontino temi più complessi di un documentario che appoggia principalmente sulla realtà. Essendo un narratore c’è qualcosa che accade nella nostra testa in modo permanente e la ragione per cui sono stato attratto da questa storia sembrava chiara, ho fatto partecipare tutte le persone coinvolte nel film, ne abbiamo parlato molto. Le storie ci sono per incantarci, anche le storie più cupe, perché ciò che cerchiamo è di essere trasportati da qualche parte e quindi le conversazioni che abbiamo portavano sempre a questo: la necessità di ancorare queste storie nella realtà ed è per questo che al casting era necessario fare le scelte giuste visto che bisognava essere fantasiosi si doveva trovare il modo per essere il più possibile ancorati nella realtà. Per quanto riguarda il casting durante la scrittura della sceneggiatura avevo un’idea piuttosto chiara della maggior parte dei personaggi, ma non sapevo chi avrebbe potuto interpetrarli, finché non ho incontrato Tilda e Idris.
La musica
La collaborazione con Tom Holkenborg va avanti da tempo, è un compositore molto interessante ed anche un insegnante di musica e mi ha insegnato tanto, mi ha dato uno spaccato del suo mondo, io non ho un senso musicale particolarmente sviluppato, e a mia volta gli ho dato qualche indicazione sugli aspetti drammaturgici del film. È una persona molto rigoroso sul piano intellettuale, ma ciò non diminuisce in nulla le sue intuizioni. Adoro ascoltare le sue composizioni e quando mi presentava un pezzo volevo ascoltarlo fino in fondo, non appena la musica iniziava non potevo staccarmene.