“La Milanesiana, giunta alla sua diciottesima edizione, mi appare sempre più – nel suo labirinto pieno di sorprese – una mano tesa a chiunque abbia a cuore la curiosità e la passione per la conoscenza e per la bellezza. E’ un’opera sempre più aperta, per citare Umberto Eco, che di questa Milanesiana è uno dei padri e non smetterà di esserlo”. Così Elisabetta Sgarbi durante la conferenza stampa di presentazione ha tratteggiato la mission della manifestazione. La Milanesiana diventa maggiorenne e lo fa proponendosi al pubblico con un’edizione ricca, variegata e spiazzante. Dal 22 giugno al 12 luglio (con un’anteprima di lusso il 23 maggio con Jonathan Lethem) oltre 140 ospiti si misureranno con Paura e coraggio, il tema dell’edizione 2017. Una cattedrale della letteratura, della musica, della scienza, del cinema, dell’arte, della filosofia, del teatro (qui il programma completo. www.lamilanesiana.eu) dove sarà appassionante inoltrarsi. Abbiamo chiesto a Elisabetta Sgarbi di guidarci alla scoperta della Milanesiana 2017.
A leggere il programma della Milanesiana sembra di essere capitati in alcune pagine della Biblioteca di Babele di Borges. C’è praticamente tutto. Come deve affrontare la manifestazione un lettore/spettatore? Creandosi un proprio palinsesto? O andando a vedere/incontrare prima di tutto autori che non si conoscono per inseguire il piacere della scoperta?
Lo spettatore ideale segue tutto, tutti gli incontri. Le dico cosa succede a me. Costruisco un programma che mi si rivela nella sua organicità solo nel momento in cui devo raccontarlo alla conferenza stampa. Mentre le compongo ci sono schegge che mi piacciono che sento necessarie. Ma solo alla fine scopro il senso del percorso. Ecco, penso che lo spettatore ideale alla fine del viaggio possa voltarsi indietro, scoprendo un senso.
Quali saranno le sorprese? Personalmente attendo con curiosità l’incontro con Guzel’ Jachina che con Zuleika apre gli occhi ha scritto un romanzo strepitoso sugli anni Trenta sovietici…
Anche per me è stata una scoperta di cui devo ringraziare Elena Kostukovic e la casa editrice Salani. Ovviamente Lethem, Janine Di Giovanni che è una reporter straordinaria. I concerti dei pianisti di Imola con cui abbiamo avviato una collaborazione, Luc Dardenne, Lav Diaz. Ripeto, difficile fare una selezione perché sento la Milanesiana come un solo respiro. Tengo molto alle mostre della Milanesiana. Ma insomma, mi è difficile scegliere. E in fondo perché dover scegliere?
Come nasce Paura e coraggio, il filo conduttore del 2017?
Una combinazione di suggerimenti: Claudio Magris ha suggerito il tema della Paura. Io ho pensato che fosse bellissimo, ma che non esiste paura senza coraggio. Serve un po’ di coraggio anche per ammettere di avere paura.
L’audacia e la visionarietà non sono mai mancati, però ce ne vuole davvero tanta per mettere nello stesso programma Al Bano e Remo Bodei…
A parte il fatto che molti filosofi sono delle vere e proprie pop star. Ma poi c’è anche la voglia di creare scintille. Vediamo cantanti così popolari sempre negli stessi contesti. Questo genera pregiudizi, etichette, steccati. Mi piace decontestualizzare per scoprire che le etichette appiccicate agli artisti si possono tranquillamente staccare.
La ricerca di decentramento e di ampliamento di sedi si consolida con il passare degli anni. A cosa punta?
Segue la curiosità non progetti espansivi. Ci sono realtà culturali che desiderano stringere la mano alla Milanesiana e a Milano. E a me interessa che l’anima di questo festival si diffonda.
Arrivati al 18° anno si possono fare dei bilanci. Quando siete partiti qual era l’obiettivo? Com’è cambiato con il passare del tempo?
Non c’era obiettivo. E non c’è ora. Sono partita per caso, pensando a un una tantum. Anzi, lavorando sulla poesia, così da non avere successo. A Milano, 18 anni fa, un festival letterario era impensabile. Si diceva va bene Mantova, ma Milano è una città che lavora, si svuota al venerdì. Ci sono già tante cose. Invece a Milano si aspettava che qualcuno ci credesse. Poi è arrivata Bookcity, ora Tempo di Libri. Ecco, ho avuto il merito di crederci, di continuare a cercare fondi anche quando via via si sfilavano le istituzioni (in 18 anni, non dimentichiamolo, il mondo è cambiato; pensiamo solo che la Provincia di Milano, allora, non vedeva di buon occhio neppure l’ingresso del Comune (ed è arrivata a investire oltre 500.000 euro, sfruttando anche la controllata Serravalle. Ora, sostanzialmente, il Comune rappresenta il 15% del budget; la Regione ci mette circa 10000 euro; il resto sono sostanzialmente privati). E in questi 18 anni Milano e’ cambiata: non solo Festival Letterari, ma il Cinema, la Musica (Mito, Pianocity); la Lettura del Corriere della Sera; la Fondazione Corriere della Sera di Piergaetano Marchetti che è un fondamentale polo di discussione. La Milanesiana è cresciuta con la trasformazione e l’arricchimento culturale di Milano. E spero che un poco vi abbia contribuito.
Fosse in Francia o Germania la Milanesiana avrebbe una meritata attenzione e valorizzazione da parte degli enti pubblici. Qui l’apporto è, ad essere gentili, imbarazzante. Che si può fare perché la qualità venga riconosciuta?
Il mondo è cambiato in 18 anni. Le istituzioni non hanno capacità di spesa come una volta. Bisogna lavorare in prima persona, trovare partner privati e saper lavorare a un programma con loro. Ovviamente il pubblico deve continuare ad esserci, e nella Milanesiana c’è. Offre un supporto logistico, coinvolge la città. Chi fa un festival interviene direttamente sul tessuto civile, agisce nella comunità. E la presenza del pubblico rafforza questo messaggio, per questo ci tengo molto. Ma so in partenza che non posso chiedere alle istituzioni di fare fronte a tutte le esigenze economiche.
Che futuro dobbiamo attenderci? Nei prossimi anni dove orientere la ricerca di ospiti e tematiche?
Bisogna stare attenti. In futuro mi auguro di essere attenta.