È in sala, prodotto da Istituto Luce Cinecittà e Rai Cinema, vedete sono uno di voi, il film che Ermanno Olmi e il giornalista Marco Garzonio, coautore della sceneggiatura, hanno realizzato sul cardinal Carlo Maria Martini per «percorrere un tratto di strada con lui». In esso Olmi racconta, è sua la voce narrante, “l’uomo il prete” in un contesto storico particolare (terrorismo, Tangentoli, crisi del lavoro…). Un cardinale diventato punto di riferimento per credenti e non credenti che anticipa l’arrivo di papa Francesco. Il film ha richiesto quattro anni e mezzo di lavoro ed è stato realizzato con i collaboratori più fidati di Olmi: Paolo Cottignola (montaggio), Giacomo Gatti (collaboratore alla regia), Fabio Olmi (fotografia), Massimo Germoglio (lavoro sul colore). Ecco le dichiarazioni di Ermanno Olmi, in occasione della conferenza stampa di presentazione del film.
L’uomo dei passi sulle strade dell’umanità
Ci sono degli alberi che crescono fuori dai giardini, dove l’erba è spontanea, dove l’ordine gerarchico tra le varie categorie di fiori non è valutato in termini economici, ma in termini di funzione spirituale che hanno presso l’uomo. Noi abbiamo bisogno della compagnia di tutte quelle creature che fanno per noi quello che noi spesso ci dimentichiamo di fare. Quando hanno espresso l’idea di fare un film su Martini, ho avuto all’inizio un certo timore perché avevo fatto, a suo tempo, E venne un uomo su Papa Giovanni. Allora il film venne accolto sì con buona disposizione e simpatia nei miei riguardi, ma senza quell’entusiasmo che magari ci si aspetta alla fine di un film che ci è costato fatica. Ricordo allora – non è che voglia citarlo per farmi vanto – che Pasolini mi disse di essere stato molto colpito da papa Giovanni che aveva allora sconvolto tutte le strategie politiche e religiose. Da questo punto di vista non mi ha stupito che Martini raccogliesse tanta simpatia. Io ho fatto a Martini la prima intervista per la rete Uno della Rai all’epoca della sua nomina a vescovo di Milano. Ci siamo incontrati pochi giorni dopo il suo arrivo in città e ricordo come mi mise in imbarazzo per come ascoltava me, che ero soltanto una riserva. Era così ben disposto all’ascolto come se dicesse: «Io devo imparare molte cose», e così è stato. Martini ha sempre fatto qualcosa che lo facesse crescere nella conoscenza della realtà per essere in grado di fare il meglio per la realtà. Si sa che Martini proveniva da una classe sociale piuttosto elevata e quando l’hanno nominato a Milano, non sapeva cosa fosse la lettera pastorale, era un uomo di studio, di scienza, non un uomo che porta i propri passi nelle vie degli umili. Ma ha capito che, in quel momento, essere uomo dei passi sulle strade dell’umanità era molto più importante di ogni libro. Inoltre, aveva delle reazioni fanciullesche che spiegano come si sia posto immediatamente in una lunghezza d’onda per cui si poteva far correre da uno all’altro ogni tipo di curiosità, di interesse, per quello che c’era da fare.
La storia maestra di vita
Certi brandelli di vissuto passati è necessario che siano sempre presenti nella nostra memoria perché quando si dice che la storia è maestra di vita è vero, ma bisogna aiutarla a esprimersi, farle capire che la ascoltiamo. Una ventina di anni fa l’idea di progresso era legata all’idea dello sviluppo che portava ricchezza, e noi non siamo arrivati alla ricchezza e nemmeno ad altri traguardi più nobili perché questa maestra possa essere chiamata in causa e ascoltata. Per rincorrere la ricchezza siamo diventati poveri. Parliamo di democrazia, ma questa nel mondo è diventata un mascherone, tutti si vantano di essere Paesi democratici, ma io credo che questa democrazia fasulla faccia più male ancora del nemico che abbiamo a viso aperto perché crea ambiguità, copre le nostre vigliaccherie. Bisogna volere bene alla democrazia e questo vuol dire avere grande rispetto e cura perché sia un patrimonio veramente di tutti, per tutti.
La crosta della stupidità
Gli uomini di cultura in molti casi parlano di cultura senza avere la cultura per capire la cultura, sembra un gioco di parole, ma non lo è. Ricordo che per L’albero degli zoccoli Moravia scrisse: «Questi contadini che non si ribellano… Lì dentro solo il cavallo si è ribellato» (perché rifiutava di essere ancora frustato). Lo diceva con sussiego, con un atteggiamento di superiorità. Mi sarebbe piaciuto vedere se un contadino avesse commentato un libro di Moravia. Moravia si può permettere di parlare di contadini anche se non ne ha mai visto uno, mentre il contadino non può parlare di Moravia. Invece facciamo parlare il contadino per primo che, forse, nella sua genuinità ci fa capire presunzioni che sono la crosta della stupidità di chi è superiore.
La voce narrante
Cottignola, il montatore che lavora con me da molti anni, aveva già fatto un’ipotesi per inserire la mia voce in Il segreto del bosco vecchio, come se fossi io a raccontare al nipotino la favola del bosco vecchio. Mi sono rifiutato, ma la cosa è risaltata fuori qui. Qui faccio da speaker a me stesso perché voglio parlarvi direttamente, perché è l’unico modo per guardarci negli occhi senza un mediatore che pure ha una bella voce e recita bene. Invece, ci sono io, con la mia voce roca e anche con la mia povertà culturale, ma l’importante è che sia onesto. E allora quello che dirò, anche se umile, avrà molto valore per l’onestà con cui è stato detto.
Parlando di un altro si parla di noi
Nel film c’è tutto di noi. E anche quando al mattino andavo a lavorare con Marco in questo laboratorio di Milano, tutti erano coinvolti, anche – e soprattutto – senza saperlo, nell’essere debitori di una chiamata.
Credenti e pensanti
Tutti dovremmo essere pensanti… Avendoci concesso la natura questa possibilità di formulare a noi stessi delle domande e noi stessi trovare delle risposte, questo percorso che cerca di essere chiaro per noi che lo affermiamo dà significato a tutta l’esistenza. Uno che cosa è al mondo a fare? Potrei rispondere: per diventare consapevole che tutte le verità, tutte diverse tra loro, contengono qualcosa che le rende simili. Nelle religioni tutto questo è vissuto in una prassi che, invece, crea delle divisioni e non c’è peggior comportamento sacrilego che praticare la strada degli opportunismi, delle convenienze di ogni genere. Non credo che troveremo delle risposte definitive, ma è proprio nel cammino che facciamo nel cercare queste risposte che noi onoriamo la verità, anche se è piccola come siamo noi che in quel momento indaghiamo in questa verità. Le persone che sanno tutto non sanno di sapere niente.
Gli altri papi al cinema
Non riesco neanche a concepire un confronto perché vorrei capire quando io sono stato all’altezza di quello che questi miei colleghi (Moretti, Sorrentino…) hanno fatto. Se un film mi piace molto, dimostro li mio entusiasmo a voce alta e squillante che contiene felicità, l’altra ipotesi è che probabilmente certi film non ho capito quel che mi volevano comunicare. La terza categoria è quella in cui quello che hanno tentato di comunicare non l’hanno comunicato affatto. «Sapeva veramente tutto», dice un aforisma, «ma solamente quello».
L’onestà del comunicare
Quanta presunzione tra noi a cui è stata assegnata la categoria “culturale”. Ricordo un viaggio da Londra in Oklahoma con un produttore che era con la moglie e il figlioletto. Il piccolo, che mi ha visto parlare con i genitori, aveva uno stetoscopio come giocattolo e veniva, me lo mostrava, mi parlava in inglese e io gli rispondevo in italiano. Allora mi sono chiesto: «Perché, pur parlando lingue diverse, io e questo bambino ci conosciamo, comunichiamo?». Lo stesso fatto capitò a Buttitta, famoso poeta siciliano, in viaggio con un gruppo di gitanti a sfondo politico: racconta Ripa di Meana, che era su quell’aereo, di questo mongolo che parlava nella sua lingua con Buttitta che parlava solo il siciliano stretto. I due si divertivano come dei bambini, avevano ritrovato, in questa situazione, la genuinità che era il primo vocabolario, l’onesta del comunicare anche soltanto un suono, ma tu ti rivolgi a me e io mi rivolgo a te. Quante lezioni si possono imparare dalla vita… Con questo non voglio sminuire l’importanza della cultura accademica, ma ci sono momenti in cui ha bisogno di convivere con la cultura genuina degli ignoranti.
Il titolo tutto in minuscolo come in torneranno i prati
Diciamo che tutti i maiuscoli mi danno un po’ fastidio.