LAND OF THE DEAD, director George A. Romero on set, 2005, (c) Universal

George A. Romero: lo zombie è l’unico e vero innocente

Nel 2009 George A. Romero ha presentato, in concorso, a Venezia Survival of the Dead. Ecco alcuni stralci dall’incontro stampa. Un modo per ricordare un grande regista che ha passato tutta la sua vita artistica a martellare un cuneo nel cuore delle certezze americane. A raccontare un’umanità più cannibalica e orrida degli zombie, che non merita nessuna salvezza.

 

La delusione degli anni ’60

Negli anni  Sessanta pensavamo davvero che avremmo cambiato il mondo, e invece non è successo niente. Mi sembra incredibile che la gente possa essere così idiota, che stia ancora a discutere su aborto e cellule staminali invece di pensare alle cose importanti. Secondo me è la religione che ha reso tutto più difficile, l’ho detto chiaramente nel mio film Martin (1977). Non so dove andremo a finire ma non sono per nulla ottimista.

Lo zombie è puro

Da sempre mi sento in sintonia con gli zombie,  per questo gli esseri umani si disumanizzavano sempre di più, man mano che i miei film andavano avanti. Ho lavorato sull’empatia nei confronti degli zombie, perché li reputo dei veri innocenti. Survival of the Dead è un film sulla guerra e sul concetto che i nemici restano nemici, anche se devono fare i conti con un nuovo nemico, ben peggiore, continuano a lottare fra di loro quando dovrebbero unirsi e  combattere gli zombie. Ma basta dare un’occhiata in giro: il Medio Oriente, le strade delle città americane, le lotte fra  le gang.

 

Raccontare la società

Il mio cinema è libero perché continuoa farlo con pochi soldi , ho budget che oscillano sempre fra i 2 e i 3 milioni di dollari.  Mi basta guadagnare poco, ma così posso dire quello che desidero. Ad essere sinceri con La Notte dei Morti viventi avevamo intenzione di fare un film commerciale, senza nessuna pretesa. Volevamo esagerare con la violenza e basta. Non c’era l’idea di fare nessuna critica sociale. Poi sono arrivati quelli dei Cahiers du Cinema che gli hanno dedicato pagine e pagine e lo hanno definito un esempio di cinema radicale, un’opera fondamentale, una reazione all’ intervento militare Usa in Vietnam. Di colpo mi sono ritrovato ad essere un autore socialmente impegnato e la cosa mi è piaciuta. Di conseguenza hanno visto Zombi come una critica al consumismo, Il giorno degli zombi uno studio sull’eterno conflitto tra scienza e tecnologia bellica, La terra dei morti viventi come un saggio sulla lotta di classe. Non ho mai pianificato nulla, non ho seguito il vento, ho solo tentano, con l’aiuto degli zombie, di dire la mia sulla nostra società, su ciò che mi accadeva intorno. Se avessi fatto dei film seri e impegnati non avrei potuto dire tutte queste cose e  soprattutto nessuno mi avrebbe preso sul serio.

Un successo sorprendente

Per me il successo degli zombie è difficile da spiegare. Sono consapevole che sono molto popolari, ma non perché la gente creda a qualcosa dopo la morte. Trovo che sia un genere di successo commerciale e basta. Se devo azzardare un’ipotesi penso che siano stati decisivi i videogiochi. Il loro merito è di avere tenuto accesa l’attenzione sugli zombie. A forza di vederli in giro sono diventati dei mostri familiari a tutti, come i vampiri. Personalmente non comprendo nemmeno perchè i miei film spaventino. Fin da ragazzino  mi sono appassionato, sono cresciuto con l’ horror, amavo i film dell’ orrore, leggevo Tales from the crypt,  ma non ho mai avuto paura di queste cose,  era un intrettenimento e nulla più, avevo molta più paura della bomba atomica.