Pete Docter, uomo di punta della factory Pixar, torna dietro la macchina presa per la prima volta dai tempi di Up (2009). Lo fa per Inside Out, un progetto estremamente ambizioso che si svolge quasi integralmente nella mente di una bambina, fra le sue emozioni, dove ogni pensiero è guidato da cinque passioni interpretate da altrettanti personaggi, piazzati su una specie di tolda di comando di una nave spaziale: Gioia, Rabbia, Tristezza, Paura e Disgusto. Gioia è gialla, sorridente ed ottimista; Tristezza blu, grassa, con gli occhiali e stanca; Disgusto verde e chic, Paura viola e magra; Rabbia rossa e compressa, sempre sul punto di esplodere. Il film è stato accolto da un tifo da stadio alla proiezione per la stampa, alla conferenza Pete Docter e John Lasseter hanno spiegato il processo di creazione che sta dietro a Inside Out.
Cercavo idee per un film nuovo e contemporaneamente guardavo mia figlia crescere. Aveva 11 anni ed era nel cruciale momento di passaggio fra infanzia e adolescenza. Con naturalezza le due cose si sono fuse, sono entrate in contatto. Una mattina, di colpo, ho capito che avevo il film: avrebbe raccontato la mente di una bambina, meglio le sue emozioni. Da subito mi è parsa una grande idea, però ero spaventato dall’impegno di doverla rendere per immagini. Bisognava prendere qualcosa di molto astratto e renderlo credibile. Per settimane abbiamo lavorato sulla modalità con cui alternare le emozioni, i pensieri, la memoria. Credo che l’idea della “stanza di comando” nella testa della bambina sia stata una buona soluzione. Dopo avere incontrato psicologi, neurologi ed altri scienziati che studiano il comportamento umano e in particolar modo quello degli adolescenti (fondamentale è stato l’apporto della psicologia Dache Keltner), abbiamo deciso di utilizzare una base ristretta di emozioni. Cinque bastano a rappresentare le passioni che agitano e attraversano la nostra mente. (Pete Docter)
Lavorare su dettagli
Quando Pete è venuto a illustrarmi questa idea mi ha attratto il gusto della sfida. Sulla carta era un film estremamente complesso anche solo da pensare. La fase di preparazione si è protratta per molto tempo. Abbiamo lavorato sui dettagli, sui particolari, in fondo ci stavamo occupando di ciò che domina, governa il nostro mondo. Gli attori sono stati decisivi nella creazione dei personaggi. Le voci sono state registrate prima dell’animazione e quindi toccava a noi seguirle, assecondarle nelle loro emozioni, nei loro sentimenti. Ho cominciato ad occuparmi di animazione agli inizi degli anni Settanta e si è sempre affermato che l’animazione è per bambini. Io non ho mai condiviso questa idea fino in fondo e credo che per dirla con Walt Disney che il compito dell’animazione sia di coinvolgere spettatori di ogni età. Fin dai tempi di Toy Story ci siamo posti il problema di come costruire personaggi credibili, da sempre penso che il discorso tecnico sull’animazione debba andare di pari passo con quello creativo e se è il caso piegarsi alle esigenze di quest’ultimo. (John Lasseter)