Scrittore Paolo Cognetti fotografato a Estoul in baita

Paolo Cognetti: a certe altezze la verità supera la fantasia

Letteratura (anche) di montagna, non subalterna al cinema, piuttosto compagna di strada delle immagini in movimento che a Trento fanno la parte del leone. Tra i protagonisti del Trento Film Festival, chiamato a parlare della montagna alla portata di tutti – lontana quindi dalle prestazioni agonistiche, convenzionali o estreme che siano, le quali nella kermesse giocano un ruolo importante ma non esclusivo – c’era anche Paolo Cognetti, uno scrittore che arriva stremato (lo confessa candidamente egli stesso), ma lucido, al settimo mese di promozione del suo romanzo d’esordio, Le otto montagne, pubblicato da Einaudi. Si tratta di un libro che ha conquistato un ampio spettro di lettori con una storia di ambientazione alpina, che è stato editato in trenta paesi, e che potrebbe pure, secondo i bene informati, andare oltre la semplice partecipazione al Premio Strega, arrivando magari a vincerlo. Paolo Cognetti, 39enne milanese di ascendenze venete, ha un passato remoto da documentarista e produttore indipendente, uno prossimo da autore di racconti, mentre il presente è indubbiamente segnato da un lavoro ispirato in maniera profonda dalla sua veste di “nuovo montanaro”, uno status cercato e preservato, in virtù del quale passa lunghi periodi in solitudine in una piccola valle aostana. Abbiamo raccolto le dichiarazioni a ruota libera di Cognetti durante un incontro con il pubblico.

 

 

 

Premi

Favorito allo Strega? Lì contano altre cose oltre a ciò che racconti e a come lo fai: è anche una
questione di poteri e di equilibri. Per la verità sono un po’ sfasato, al momento: sento l’esigenza di tornare in montagna e lasciarmi alle spalle tutto il trambusto che ha seguito la pubblicazione di Le otto montagne. Non capiterà, ma se dovessi vincere lo Strega, ovvero un premio “di pianura”,
sarebbe bello pure per la montagna e per ciò che rappresenta.

 

Montagna e fascismo

Penso che un alpinista non possa essere fascista: questo perché un alpinista crede nella libertà
individuale, e non perché, al contrario, debba essere un comunista. Ettore Castiglioni, uno dei
grandi alpinisti della sua generazione (era nato nel1908 e morì nel 1944 – ndr) certo non fu un
comunista, eppure non ha avuto nessun dubbio su come schierarsi. Nei suoi bellissimi diari, editi
solo da pochi anni, si può leggere la storia di un cittadino che faticava a trovare il proprio posto nel mondo, lui che era un rappresentante della borghesia colta, espressione di un mondo che forse non c’era più, che stava scomparendo…Viveva la montagna come luogo di libertà, opposto alla città come luogo di falsità (di ipocrisia, di facciata): finì con il rifugiarsi in un alpeggio abbandonato insieme ai suoi alpini partigiani. Con lui l’alpinismo assume, a mio parere, un significato più ampio. Gli ebrei chiamano la gente come Ettore Castiglioni “giusti”: ecco, modelli come questo sono il mio punto di riferimento.

 

Rigoni Stern

Mario Rigoni Stern? È un’altra bussola, per me. La sua grandezza è, prima ancora che nei suoi scritti, nelle sue scelte. Gli ufficiali della Repubblica di Salò che si presentano agli Alpini reduci dalla Russia per arruolarli, trovano un uomo che ha creduto nel fascismo e che tuttavia ha sottoposto il suo credo ad una revisione radicale, fondata su ciò che ha vissuto e su ciò che ha visto. In più, c’è il fatto che ha saputo raccontare la montagna come pochi altri; ma era grande già come uomo.

 

Hemingway, vita e letteratura

Il mio modello solo letterario è Ernest Hemingway. Trovo che in Addio alle armi ci sia grandissima
letteratura, mentre in Rigoni Stern c’è anche la vita. Nelle nostre montagne c’è vita e letteratura. Rigoni Stern non inventava le storie, e ci teneva a dirlo: forse perché, a certe altezze, la verità supera la fantasia.

 

Stile

A me non basta raccontare storie vere. Devo prendere la realtà (la verità, forse) e ragionarci sopra. Le mie sono piuttosto storie sognate che inventate: sono vere, senza essere accadute in questa precisa maniera.

 

Lettere

Ho ricevuto molte mail e lettere da chi commenta i miei libri, l’ultimo in particolare. Cerco di rispondere a tutti; anche in questo la lezione di Rigoni Stern è forte, considerato che egli dedicava due giorni della propria settimana per rispondere ai lettori. Anch’io, come lui, non voglio essere ai margini del bosco, anch’io voglio stare nella società: non intendi fare come Salinger, che è stato un grandissimo autore, ma si è sempre nascosto…

 

New York

A questa città ho dedicato tanti viaggi e due libri. L’amore per la Grande Mela e quello per la
montagna sono naturalmente diversi, ma si completano. È un dialogo tra due opposti: stare in città
scatena la mia voglia di montagna, tornare in montagna ad un certo punto mi fa rimpiangere la
città. D’altronde io sono nato e cresciuto a Milano e questa cosa non te la levi di dosso. Un tempo, Milano era una città diversa, più conflittuale magari, ma anche accogliente. Di New York
amo il fatto che sia la città più multiculturale che esiste, con le sue 180 lingue parlate: nel Queens, in periferia, non a Manhattan…

 

I difetti della montagna

Ciò che mi intristisce della montagna è la sua povertà culturale, talvolta anche umana, il suo
razzismo strisciante, il suo maschilismo. Qui in Trentino la montagna è anche varietà e ricchezza. La mie montagne (quelle valdostane – ndr) sono meno vive, e perciò da rinverdire. Per questo ho organizzato un Festival letterario, II richiamo della foresta. Al di là del rinvio a Jack London, un autore che amo molto, mi focalizzo sul ritorno alla montagna, assecondando la fase fertile che sta vivendo.

Nuovi Montanari

Ci chiamino nuovi montanari o montanari di ritorno. Vorrei scrivere di più di questo fenomeno.
Alla base c’è una crisi della città; e se c’è un lato buono nelle crisi, è di rendere più creative le persone. L’idea di approfondire le scelte di chi cerca di rifarsi una vita in montagna mi affascina.

 

Eretici e santi

In Le otto montagne c’è il riferimento a comunità che si “ribellano” e formano raggruppamenti su
nuove basi. Fra Dolcino in Val Sesia è stato un ribelle con buone idee: in fondo non diceva molto di diverso da quello che aveva detto Francesco d’Assisi; solo che il primo è stato messo al rogo
come eretico, il secondo è diventato santo. E c’è anche la ribellione dei Walser…In questi anni la città è il luogo del conformismo, la montagna può diventare (non sempre lo è) il posto per l’anticonformismo e l’alterità, perché maggiormente disposta all’eccentrico.

 

Aria

L’aria che tira è brutta, fa un po’ paura. A Milano, come a New York, come a Londra. La nostra società sta tornando indietro alla velocità della luce. Siamo confusi: mancano voci come quella di Castiglioni o di Rigoni Stern, la loro capacità di orientare.

 

Quote

Le quote della montagna corrispondono alle quote della felicità.

 

Sciatori

Se è vero che detesto gli sciatori? La mia baita non esisterebbe se non ci fossero gli sciatori: si
trova in mezzo a quella che in inverno è una pista da sci molto frequentata, per cui funziona come
realtà di servizio; dunque, dovrei essere grato, ma non ci riesco più di tanto. È un paradosso, lo so: ma le piste da sci sono distruttive per la montagna; noi vediamo la superficie liscia e uniforme, ma il sottosuolo è pesantemente modificato dagli interventi dell’uomo, per raggiungere questo risultato la montagna è stata vandalizzata. È un rapporto d’amore/odio. La soluzione va trovata nella dialettica, perché la montagna è di tutti.

 

Vicini di casa

La reazione della gente di montagna al mio romanzo mi preoccupava; e invece è piaciuto. Mi
hanno detto: “Sei l’amico che parla di noi a coloro che non ci conoscono”. Capita anche che mi
lascino delle bottiglie di vino sul balcone: non come a Mauro Corona, che fa baldoria con i lasciti
alcolici dei suoi ammiratori (lo scrittore di Baselga di Pinè, presente tra il pubblico trentino, sorride compiaciuto all’accenno del collega di penna – ndr), ma capita anche a me di ricevere doni del genere.

 

La letteratura che verrà

Sono passato dai racconti al romanzo e ho incontrato il grande pubblico che prima mi conosceva
poco, se non addirittura mi ignorava. Non so se tornerò al racconto. Il prossimo lavoro sarà un libro di viaggi, sul Nepal, in cui magari torneranno personaggi di Le otto montagne, come il narratore Pietro.

 

Padri e figli

L’ossessione verso il padre che c’è nel libro è un’ossessione mia, o forse di tutta la mia
generazione di “bambinoni”. Faccio fatica a non sentirmi figlio, come molti miei coetanei.

 

Impegnati e no

Vent’anni fa uno scrittore non avrebbe mai detto “non mi interessa la politica, non me ne occupo”,
mentre oggi pare la norma. Ad ogni modo, non è il mio modo di intendere le cose.

 

Cinema, non mi manchi…

Sono stato un filmmaker, ma questi anni di montagna (senza TV, senza connessione) mi hanno
allontanato dal cinema. Mi sono certo perso qualcosa: ma i miei compagni di baita sono stati e
sono i libri, e non ho rimpianti.