Malgrado l’onda breve di certa facile emotività, non è mica semplice essere veramente Charlie. Soprattutto da noi, dove non si è capaci di dire in faccia a qualcuno nemmeno se gli puzzano le ascelle. Ma Georges Wolinski (nato a Tunisi con padre ebreo polacco e madre di origini italiane, visto che l’informazione è stata dimenticata da molti) Charlie lo era davvero. E prima di Charlie fu Action e Hara-Kiri; e dopo Charlie L’humanité. E durante, l’eros politico di Paulette, disegnato dal suo omonimo Pichard: perché troppi lo ricorderanno come irresponsabile vignettista di tabù sociali, sessuali e religiosi, e pochi come il grandissimo autore di fumetti che è (anche) stato. In Italia, fu Linus a pubblicarlo. Poi, più laterale rispetto alla follia selvaggia dei nostri enfants terribles cannibali (che molto gli dovevano), il glorioso settimanale satirico Il Male (non meno oltraggioso dei compari d’oltralpe ma “punito” con sequestri e processi, e mai con la violenza). Quindi, ad apocalisse del Belpaese ormai avvenuta, anche su quella servile parodia di vera irrisione che si chiamò Cuore. Uno dei suoi personaggi più famosi, trasformato anche in un film (inedito in Italia) da Claude Confortès, fu le roi des cons. Letteralmente, il re dei coglioni: un tronfio scemo del villaggio (globale), secondo la più antica gergalità parigina, onorato di una lettura anche da una canzone di Brassens. Perché nei deliri dei personaggi delle sue vignette, come deve sempre essere quando l’arte dello sberleffo diventa etica, il lettore riconosceva sempre l’altro e mai sé. Lo incontrai per caso a Parigi, nel 1992 o 1993, non ne sono sicuro, in una libreria. Mi feci autografare un libro intitolato La morale (quando si dice il caso). Il Male era finito da oltre dieci anni, e anche Linus un ricordo. Lo ringraziai. “Et de quoi?”, disse. E mi sorrise. Non l’ho mai dimenticato. “Io sono per la libertà di stampa, a patto che i giornali non se ne servano per pubblicare stronzate!”, tuonava (più o meno) uno dei suoi tanti francesi medi disegnati. “L’humour est le plus court chemin d’un homme à un autre (lo humour è la strada più breve tra un uomo e l’altro)”, diceva invece lui quando gli chiedevano del suo lavoro. Ma sapeva bene che nel nostro nuovo medioevo le pallottole sono quello più veloce.