Woody Allen: Café Society è come un romanzo

In Café Society, in pieni anni Trenta, il giovane ebreo Bobby (Jesse Eisenberg) lascia il Bronx per andare a Hollywood dove spera che lo zio agente di attori (interpretato da Steve Carrell dopo che Bruce Willis ha abbandonato il set alla seconda settimana di riprese) gli dia una mano a sfondare nel cinema. Lì viene fulminato dalla segretaria Vonnie (Kristen Stewart), ma lei è l’amante dello zio. Segue amara ritirata verso la natia New York. Allen ha confessato che ha scelto questo periodo storico perché lo trova “molto seducente e straordinariamente romantico.” Di New York ha evidenziato che era una città che si sapeva divertire, attraversata, da gangaster, politici, celebrità di Broadway. Un caos, un turbine nel quale gli è piaciuto immergersi, ha dichiarato nell’affollata conferenza stampa di Cannes.

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Come un romanzo

Non penso che il personaggio di Jesse Eisenberg  mi assomigli minimamente. Io non ho mai lasciato New York per cercare fortuna a Los Angeles e non ho nessun parente ad Hollywood. Il mio intento era che questo film potesse essere percepito come un romanzo dove c’è la voce dell’autore che accompagna il lettore. Per questo c’è la voce del regista che dà spiegazioni  allo spettatore, ho deciso che da autore del film fosse compito mio narrare la storia. Però ho lasciato gli attori  liberi di lavorare sui dialoghi , di adattarli alle loro caratteristiche in modo che di facilitare la loro costruzione del personaggio.

 

Io e Storaro

Nella mia lunga carriera ho avuto il privilegio di lavorare con alcuni tra i migliori direttori della fotografia in attività, fra i quali Gordon Willis e Carlo De Palma, ma nonostante ci tenessi molto non ero ancora riuscito a collaborare con Vittorio Storaro. Era incredibilmente libero per le riprese di Café Society e non me lo sono lasciato scappare. Per me Vittorio è un genio e confrontarsi con lui era un arricchimento e uno stimolo eccezionale, guardate solo come ha illluminato New York e Hollywood e capirete subito la differenza di carattere e magia che ammanta i due luoghi. Girare in digitale non ha minimamente modificato il mio modo di lavorare, l’unico indubbio vantaggio è stato il poter avere un ventaglio di opzioni in post produzione, cosa di straordianario interesse se hai al tuo fianco Storaro.

 

Niente Concorso

Non credo alla competizione fra i film è una cosa insensata, per questo ho sempre rifiutato di fare parte di una giuria e sono per la terza volta fuori concorso al Festival di Cannes. Mi piace andare ai festival per incontrare la gente, parlare di cinema, condividere idee e sentimenti. Ho 80 anni ma mi sento in grande forma e continuerò a fare film, almeno fino a quando ci sarà qualcuno così pazzo da mettere il denaro nella produzione.

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