Game Night: la vita è un gioco

Una prospettiva differente: è quello che sembra interessare al duo registico formato da John Francis Daley e Jonathan Goldstein, che con una manciata di film all’attivo hanno già chiarito la loro voglia di rivisitare le storie del passato mostrandone punti di vista inediti e nuove possibilità narrative. Così avveniva infatti nel loro esordio Come ti rovino le vacanze, sequel/remake di National Lampoon’s Vacation che faceva ripercorrere al figlio dei vecchi protagonisti luoghi e gag dell’originale, per esplorare le dinamiche di una famiglia contemporanea. E lo stesso succedeva con Spider-Man Homecoming, che attraverso la loro sceneggiatura diventava tanto una riflessione “dal basso” sull’universo dei supereroi Marvel, quanto una ricapitolazione delle precedenti versioni dell’Uomo Ragno. Non stupisce quindi che la seconda regia dei due, Game Night – Indovina chi muore stasera?, nata dalla volontà produttiva dell’attore Jason Bateman, addenti proprio la carne del raccontare, offrendosi in quanto metanarrazione risputata direttamente dagli anni Novanta. Il modello dichiarato, infatti, è il The Game di David Fincher, con una sfida di finzione che coinvolge alcuni appassionati del gioco da tavolo e diventa il pretesto per un’avventura adrenalinica nel mondo “reale”, utile affinché i personaggi esplorino le proprie debolezze.

Pertanto, ecco subito enumerati i meccanismi che permettono di inquadrare le dinamiche del mondo, riducendole a regole di un gioco ben prestabilito, un po’ come negli Scream di Wes Craven e Kevin Williamson. L’intenzione principale è quella di instaurare una precisa dialettica con il pubblico moderno, consapevole degli schemi narrativi del thriller, e abituato ad anticipare le mosse dei personaggi. Ma naturalmente ricade a pioggia sui protagonisti, che nelle storie del duo sembrano sempre un po’ “slegati” dal contesto in cui operano e demandano perciò ansie e risoluzioni dei loro problemi a meccanismi altri, siano essi un viaggio, un costume da supereroe o, come in questo caso, un gioco che diventa collante umano. È con il gioco che la coppia formata da Max/Jason Bateman e Annie/Rachel McAdams affronta il complesso parentale che oppone Max al fratello maggiore Brooks/Kyle Chandler. Ed è sempre attraverso il gioco che gli amici si relazionano tra loro e con l’inquietante vicino di casa Gary/Jesse Plemons, per inciso il personaggio più divertente del film. L’aspetto più interessante sta tutto nello smontaggio e conseguente rimontaggio narrativo, che coinvolge sia il precipitato iconico degli attori (Chandler e la McAdams, più noti come interpreti drammatici, qui sono felicemente utilizzati in chiave comica) quanto le possibilità di messinscena che un testo così aperto offre alle variazioni del thriller e dell’action movie. Il ritmo indiavolato dei dialoghi si sposa pertanto a una perfetta corrispondenza con le strategie visive del film d’azione, in cui i protagonisti affrontano situazioni sempre più estreme e improbabili, sorretti da un montaggio che sembra guardare direttamente alle soluzioni di un Edgar Wright. In effetti, se l’ago della bilancia pende più verso la commedia che non il thriller, Game Night resta comunque un testo abbastanza dark nelle sue implicazioni, per il mondo che mette in scena, dove ogni storia o spazio snocciola senza soluzione di continuità vicende decisamente poco edificanti. L’occhio dei due registi lo esplora golosamente – si noti il lungo piano sequenza dedicato al furto dell’uovo – e riesce a mantenere l’equilibrio fra una messinscena molto elaborata e controllata, e un lavoro con gli attori che sembra costruire molte gag sull’estro del momento. In generale, comunque, la vicenda sfiora le implicazioni più problematiche solo laddove possano interessare il destino dei personaggi e la loro abilità nel “passare di livello”, superando le difficoltà del caso. In fondo, in questo meccanismo la vita è tutto un gioco e il dubbio sulla differenza tra la realtà e la finzione resta giustamente aperto fino alla fine.