Una volta tolta la maschera a Spider-Man, una volta deposti i vari scudi a stelle e strisce, martelli del tuono e guanti dell’infinito, una volta scolpita la Storia del cinema con il titolo di maggior incasso di tutti i tempi (anche se da qualche settimane parrebbe essere stato nuovamente superato da Avatar) i fratelli Russo continuano a fare i conti con gli eroi statunitensi. Questa volta però la Marvel e il mondo dei fumetti non c’entrano più, qui si parla del “nostro” universo. Ecco allora che Tom Holland, il quale all’interno del Marvel Cinematic Universe altri non è che Peter Parker, interpreta un reduce della guerra in Medio Oriente affetto da un profondo disturbo postraumatico che lo rende prima un tossico dipendente e poi, di conseguenza, un rapinatore di banche. Cherry, tratto dall’omonimo romanzo in parte autobiografico scritto da Nico Walker, racconta la discesa all’inferno di un giovane americano del nuovo millennio. Idealmente tripartito, il film non impiega molto a rivelare le sue carte. Il percorso narrato non è infatti quello di un marine, ma di un cittadino statunitense che, con una lacuna ben precisa, dovrà fare i conti in ogni fase del suo cammino.
Non è tanto la guerra a scatenare la reazione del ragazzo, ma la sua stessa esistenza. Dalle ferite d’amore a quelle di responsabilità, passando ovviamente per i lavaggi di cervello al fronte in stile Full Metal Jacket. Tutto è mischiato insieme, tutto è frenetico. Ogni scelta non viene mai ponderata ma presa d’impulso. Che si tratti di iscriversi nell’esercito o di bucarsi le vene. Gli eroi, quelli del nostro universo, non hanno super poteri, ma sembrano bravissimi nel mettersi nei guai. Il vero super sembrerebbe quindi essere colui capace di arrivare fino in fondo con meno danni possibili, per se stesso e chi lo circonda. Per mettere in scena questa realtà allucinata e allucinante, i Russo firmano quindi un film che ne rispecchi le caratteristiche. Cherry è forsennato, squilibrato, sbilanciato e continuamente eccessivo. C’è di tutto, dal cambio di formato al viraggio cromatico, passando per una colonna sonora che abbraccia la lirica tanto quanto l’hip hop più recente. Si entra in un mondo altro, un mondo completamente irreale (forse anche più irreale di quello Marvel) dove ogni singolo stimolo apre un portone e necessita di essere sostenuto, ampliato da una dose ulteriore. Cherry finisce per diventare un film sperimentale (estremizzando, ovviamente), come se fosse la controparte “umana”, e per questo motivo assurda, della classica, calibrata e millimetrica operazione messa in piedi con gli Avengers. Il problema è che i Russo non sono affatto sperimentali e risentono pesantemente della loro impostazione più ponderata. Cherry finisce troppo presto per risultare fuori posto, macchiettistico. Strizza più di un occhio al cinema indipendente libero e rivoluzionario di qualche anno fa ma non si accorge che quell’occhio indossa ancora la maschera di Iron Man: un elmo indissolubile e all’avanguardia che difficilmente lascia trapelare l’essenza di chi lo indossa e, di conseguenza, le sue emozioni.