Il narcisismo maligno in #Unfit – La psicologia di Donald Trump, di Dan Partland su La7 Prime

Che il nostro sia un tempo di crisi, di passioni tristi, per dirla con Spinoza, un tempo che ci ha visto sempre più rinchiuderci dentro mondi incerti per farci sentire altrettanto impotenti davanti all’evolversi dei fatti, è davanti agli occhi di tutti. Ci mancava la pandemia per aggravare una situazione già grave e a volte psicologicamente insostenibile. In questo scenario, molto simile a quello che la storia ci ha proposto nel passato nel cuore d’Europa, non solo alcuni temi sembrano pericolosamente ripetersi (temi della diversità, delle etnie tutto legato alle colpe che intere categorie avrebbero per i mali che affliggono le nostre società), ma con sempre più sfacciata disinvoltura diventano tema politico ricorrente. Il pericolo, come da più parti non più si sussurra, ma a gran voce si dichiara, è la messa in definitiva crisi della democrazia. La rottura drammatica dei patti democratici e di una verità urlata, ma reificata attraverso la menzogna di Stato, diventa pratica ormai abituale che serpeggia sia nelle democrazie più solide, sia in quelle nate dal naufragio di dittature insopportabili, epigoni di rivoluzioni le cui buone intenzioni si sono via via deterioriate, degenerando il potere dei popoli in oligarchie completamente disancorate da ogni interesse collettivo.

 

 

Donald Trump, quarantacinquesimo Presidente degli Stati Uniti, è probabilmente, quanto meno per il peso specifico della Confederazione di Stati che guida, il principale esponente di questo fenomeno sempre esistito, ma oggi tornato prepotentemente alla ribalta politica che è il sovranismo. In queste ore forse la coniugazione dei tempi dei verbi dovrebbe essere al passato, quanto meno prossimo, ma ancora, al momento i tempi non sono maturi per questa mutazione. Dan Partland, regista e sceneggiatore, autore di qualche serie tv, con Unfit, prendendo a premessa, sia pure implicitamente, i tempi che le società occidentali stanno attraversando sul versante politico, con la chiara crisi della rappresentatività democratica, si occupa soprattutto del profilo psicologico di Donald Trump che, guardato con la competenza degli studiosi, presenta tratti e profili davvero inquietanti, di quelli che non vorremmo avere in casa, né come amici, neppure occasionali sui social. Il suo “narcisismo maligno”, come viene definito dagli studiosi di psicologia che Partland intervista, rappresenta un prototipo di personalità sadica e mentitrice, una personalità quindi inadatta, unfit, a svolgere il ruolo che ricopre, tenendo conto dell’immane potenza che il Presidente degli Stati Uniti detiene. Il film, agile e immediatamente leggibile, con chiaro scopo divulgativo, spazia dalle bugie di Trump sui campi da golf, dove ha preteso di barare anche con il campione Tiger Woods, alle più pericolose dimostrazioni di mentitore pubblico e di divulgatore di verità inesistenti che solo la tecnica oratoria della ripetizione di falsità che così vengono assorbite in via definitiva da chi ascolta, può compiere. Un travisamento dei fatti che trasforma apparentemente il falso in vero. Si tratta di tecniche oratorie già appartenute ad altri dittatori durante i periodi più tristi della storia del mondo. Così si esprimeva Hitler e con la stessa falsa parola oggi Trump arringa il suo popolo. Un popolo che cerca l’uomo forte o che tale si dimostra, ancorandosi ai falsi valori che rassicurano e restringono gli orizzonti quotidiani.

 

 

Partland è di parte, ma anche Trump è di parte, ma ciononostante il film procede per coerenza logica attraverso le interviste, dosate e sempre puntualmente coerenti con i temi sviluppati. Avvocati, psicologi, ex appartenenti al suo staff, ex agenti dei Servizi segreti si avvicendano dentro questa innumerevole stratificazione di caratteri legati da un incontrollabile narcisismo che si salda ad una originaria diffidenza da ogni verità anche scientifica (basti pensare al suo rapporto con quello che chiama il “virus cinese”) in favore dei propri pregiudizi che lo spingono a compiere atti moralmente riprovevoli, come ad esempio quello di separare i bambini figli degli immigrati clandestini dai propri genitori. Atti di sadismo e di pura cattiveria morale che trovano il consenso di una nazione sempre più grettamente attenta a preservare un benessere che in fondo, proprio per la maggior parte della fascia di popolazione che si dichiara sua sostenitrice, resta un desiderio come quello di vedere di nuovo grande l’America. Si tratta di un popolo in cerca di un leader che soppianti magari anche ogni convivenza fondata sulla verità, ma che difenda, in una sorta di regressione collettiva, i valori tribali a danno di quei principi che ispirano la democrazia. Partland e i suoi protagonisti, ci mettono ancora in allerta. La democrazia è in pericolo e da più parti, anche dalle nostre, illustri studiosi analizzano il tema. Il mondo è forse ad una svolta che non consente vie di ritorno. Donald Trump e le sue bugie, le sue aggressioni alla stampa, all’avversario, una road map di un preciso obiettivo, non sono più un sintomo, ma il manifestarsi della patologia.