La linea dell’infanzia: a Locarno77 Les enfants rouges di Lotfi Achour

Tunisia 2015: il fatto è reale e ha segnato profondamente la coscienza della popolazione tunisina, forse proprio perché l’orrore è ricaduto sull’innocenza di due ragazzini. Una testa mozzata torna a casa in una borsa, è quella di Nizar, un pastore appena sedicenne decapitato da una banda di jihadisti per aver osato spingersi con le sue capre sulle montagne dove si nascondono. A riportarla ai familiari, macabro avvertimento, è il cugino quattordicenne, Achraf, che lo accompagnava e che ora ha il peso di dover condividere quel momento terribile con gli adulti. Quello che segue è il calvario di una famiglia che non solo deve affrontare il dolore, ma deve anche trovare il modo di recuperare il corpo del ragazzo per dargli una degna sepoltura, affrontando il rischio di attraversare terreni minati e di trovarsi nuovamente sotto la minaccia dei terroristi. Un doppio dramma, che oppone l’infanzia con la sua naturale dolcezza e l’età adulta col suo innaturale dolore: una linea di demarcazione netta, che Lotfi Achour si guarda bene dall’infrangere nel concepire Le enfants rouges, la sua opera seconda presentata nel concorso Cineasti del Presente a Locarno77. Il film tiene infatti fede alla linea espressiva legata alla visione liquida del mondo propria dei bambini, alla loro capacità di nutrire l’esperienza quotidiana, i momenti di vita e persino l’orrore della morte con una sensibilità tutta emotiva, pulsionale.

 

 

Il dramma sta tutto addosso al piccolo Achraf, che si ritrova solo a gestire una sopravvivenza al cugino che lascia segni nella sua coscienza, nella sua memoria e nella sua visione della vita, e al contempo si impone al mondo degli adulti come la testimonianza di un dramma che va affrontato e che significherà non solo dolore, ma anche rancore. Il continuo rimando a rapsodici innesti mnemonici di Achraf, il dialogo ininterrotto con lo spettro di Nizar che cerca di lasciare una testimonianza pacifica, il confronto con la cuginetta compagna di giochi costituiscono la linea portante del film, la materia primaria della narrazione, che però deve dialogare con il livore del dolore degli adulti, con il peso di un dramma che non sa finire. Lotfi Achour non cerca l’equilibrio tra questi due pesi, ma sta palesemente sulla linea emotiva dell’infanzia stroncata eppure resistente di Achraf e Nizar. Forse concedendosi qualche momento sentimentale di troppo, qualche controluce eccessivo, che però non resta mai privo di un aggancio realistico nella visione d’insieme.

 

 

 

Les enfants rouges sul sito di Locarno77