La linea d’ombra che separa la felicità dalla disperazione è uno spazio più o meno ampio in cui la rappresentazione del mondo contemporaneo si pasce con drammatica inerzia: Animal, l’opera seconda della greca Sofia Exarchou (in Concorso a Locarno76), racconta questo paradigma nel tempo sospeso della vacanza e nello spazio indifferenziato del turismo. La scena è quella di un resort su un’isola greca, le figure in campo sono gli animatori che affiancano i turisti e garantiscono per loro il grande spettacolo del divertimento per il quale hanno pagato. Come fossero artisti perplessi sotto la tenda del grande circo del turismo, questi clown della contemporaneità sono assunti da Sofia Exarchou a modello di un’umanità dannata nella sua vacanza esistenziale, nel vuoto che incarnano. Kalia è la più anziana in servizio dello staff di animatori, ex ragazzi invecchiati senza accorgersene nello spazio astratto di quella euforia dello stare in scena per tenere vivo lo spettacolo della vita e dinamico il languore vacanziero. Ci si trucca, si va in scena, si canta e si balla, si beve, si gioca ad essere felici tutti insieme, ma progressivamente Kalia impallidisce nella tristezza che la assale, nell’improvviso accorgersi che è al centro di un vortice che se la sta portando via.
L’immagine riflessa della nuova arrivata polacca, che sta imparando a lasciar cadere le barriere della sua umanità per trasformarsi in puro oggetto di spettacolo, offre a Kalia il quadro della propria realtà e la spinge verso una consapevolezza, che però avrà scarso esito. Rispetto alla sua opera prima, il notevole Park, Sofia Exarchou costruisce Animal su una drammaturgia più semplice: lì, nella comunità di adolescenti e giovani randagi allo sbando tra i resti del villaggio olimpico di Atene, la regista trovava la rabbia e l’energia di una disperazione che cavalcava il vuoto esistenziale, per renderlo flagrante e plastico. In Animal, invece, si aggrappa al languore esistenziale di un gruppo di artisti in perenne sospensione nello spazio astratto di un resort, a contatto con turisti che sono poco più di sagome indifferenziate. In definitiva, il film si regge sull’idea di traslare la rappresentazione del vuoto esistenziale che attanaglia la contemporaneità sulla scena dello spettacolo perenne del turismo e del divertimento. La stessa protagonista, Dimitra Vlagopoulou (già vista in Park), si offre come corpo stanco, perso nell’energia forzata della sua insensibilità al dolore. Animal rende dinamico il vuoto esistenziale che intende rappresentare, ma nel soffrire assieme ai suoi personaggi, ne subisce anche la medesima dannazione e, soprattutto sulla durata, rischia di non trovare una sua via d’uscita.
Locarno Website
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