Un mese convenzionalmente associato all’idea di ripartenza, cambiamento, novità. Anche a scoperte che non si sarebbero volute fare. Il mese di settembre – e un senso di possibilità, di coraggioso, ma non eroico cambiamento – accomunano i personaggi di quest’esordio curioso e delicato, dall’andamento ondivago, dalle atmosfere leggere. Barbara Ronchi è Francesca, sposata con Alberto (Andrea Sartoretti): da tempo non hanno più molto da dirsi. Non molto meglio se la passano i loro amici Deborah (Thony) e Marco, compagno di tavolo da gioco di Alberto. Il figlio adolescente di Francesca e Alberto, Sergio (Luca Nozzoli) è innamorato della coetanea Maria (Margherita Rebeggiani). Masochista in erba, si offre di fornirle un corso accelerato e molto pratico in vista della prima volta con il di lui amico Christian. La giovane Ana (Tesa Litvan), originaria di un Paese dell’Est Europa, fa la prostituta ma va a messa a pregare per qualcosa di meglio (insieme a Marco, un ingenuo corteggiatore interpretato da Enrico Borello). Tra i suoi clienti abituali c’è Guglielmo (Fabrizio Bentivoglio), primario canuto, separato e depresso che Francesca sfiorerà in due situazioni. Decisive, per entrambi, per sterzare dalla routine.
Il primo lungometraggio diretto dall’attrice e sceneggiatrice Giulia Louise Steigerwalt (Croce e delizia, Il campione, Marilyn ha gli occhi neri), sviluppato dal suo corto omonimo del 2019, è espressione di Lynn, divisione di Groenlandia Group creata da Matteo Rovere e Sidney Sibilia nel 2021 e “interamente dedicata alla produzione di progetti a regia femminile”. Una novità assoluta nel nostro panorama cinematografico, ammirevole tentativo di realizzare opere che, aprendo il campo a nuove registe e quindi nuovi temi, cerchino il successo commerciale senza rinunciare alla qualità della sceneggiatura. Oltre all’esperienza produttiva di supporto, Settembre ha diverse frecce al suo arco: innanzitutto un ottimo cast, in particolare Barbara Ronchi (chi non la conoscesse recuperi subito, almeno, Cosa sarà e Imma Tataranni) e la sua luminosa sparring partner Thony, come pure i giovani (esordienti al cinema) Margherita Rebeggiani, classe 2004 e Luca Nozzoli. Poi appunto una scrittura chiaroscurale, precisa nel definire i sentimenti ma non troppo autoriale, nel senso di ermetica o ombelicale. L’educazione sentimentale dei minorenni, come degli adulti, è ciò che sta più a cuore a Steigerwalt, che coglie in modo inedito la tenerezza spontanea e la complicità tra una madre e figlio, due sconosciuti, due amiche. Gli imbarazzi, i non detti. Per il desiderio delle tante cose da dire, tipico degli esordi, vuole abbracciare diversi registri: commedia e romanticismo, realismo e favola (soprattutto nella parte che riguarda Guglielmo e Ana).
Nel lessico iperspecializzato corrente della produzione, Settembre probabilmente verrebbe definito dramedy, neologismo beatamente noncurante del fatto che da sempre il comico scaturisce dal tragico. Che qui non è sempre motivato fino in fondo, come nel caso della crisi matrimoniale di Francesca (e questo nonostante la gag “sensoriale” che, anticipandola, apre il film). Al di là di alcuni vezzi tipici dell’opera prima – scene distese su tempi dilatati, l’affezione a brani musicali di sicura presa ad accompagnare le transizioni emotive (Bob Dylan, The Velvet Underground & Nico, The Troggs) – Settembre è una bella sorpresa, molto curata nei dettagli. Mostra camere di adolescenti e ambienti domestici credibili e sembra detenga con valore il primato di una sezione genitale frontalmente esposta in un’aula scolastica italiana. Come i suoi personaggi, indugia un po’ tra sicurezze ostentate e fragilità nascoste, ma nell’insieme trasmette una freschezza di visione e una profondità di sguardo che fanno ben sperare in seguiti ancora più limati e compatti.