Valorosa quella nazione che ferma il tempo, cristallizza la Storia, smaterializza il presente in un eterno ripetersi del suo dominio: ecco le magnifiche sorti non progressive di un gruppo di ragazzini in divisa, nidiata di soldati delle truppe coloniali portoghesi in Angola, protagonisti di Nação Valente di Carlos Conceição (in Concorso a Locarno 75). Il setting è datato 1974, quando i movimenti di liberazione del paese stanno prendendo il sopravvento sui coloni, le religiose, i soldati portoghesi, e il film resta sospeso su questo specchio temporale liminare, in cui si mescolano elementi difformi: la prossimità di una suora ai ribelli, uno di loro che muore ma non trova pace nella tomba perché i tamburi del villaggio non hanno potuto battere per lui, l’esercito che va via sulle camionette, l’incontro d’amore tra un soldato renitente al ritiro e una ragazza del villaggio, che finisce nel sangue…
Carlos Conceição lavora sulla contestualizzazione spiazzante, crea attese da disattendere nella fluidità aspra degli atti di una guerra che, come tutte le guerre coloniali, assume valori culturali profondi, meticciati d’appartenenza e libertà che sanno essere anche crudeli. E infatti il setting di partenza resta la matrice tanto storica quanto vaga dell’intero film, che poi si spinge in una dimensione irreale, diventa un vago horror in cui il tema antico dei revenant legato al colonialismo assume connotazioni inquiete. Ci si ritrova immersi così in una caserma gestita con pugno marziale da un ufficiale che si prende cura dei suoi giovanissimi soldati come fosse un padre severo ma giusto: la guerra perpetua contro i ribelli non lascia scampo all’infanzia di quei ragazzini in divisa, obnubilati dal potere del capo, dalla forza delle armi… Lo sguardo sbarrato tra paura e odio li spinge nel territorio di un eroismo che è valore in sé concluso, esattamente come l’occupazione di una terra straniera nell’ottica di qualsiasi soldato occupante. Tra vampirismo e zombificazione, il colonialismo è visto da Carlos Conceição come uno spazio quasi mentale, che infatti, con un twist alla Shyamalan, si rivelerà un terreno vago, la realtà astratta di uno spirito posseduto dal possesso, che solo l’irruzione dell’amore di una prostituta, infiltrata nella caserma, saprà infrangere. Potente di una visualità limpida, in cui i segni della marzialità si coniugano con quelli orrorifici e trovano una via d’accesso insolita alla quadratura del rapporto tra Storia e mito, Nação Valente è un film che offre una lettura inedita degli elementi su cui si basa. Si colloca del resto perfettamente nella tradizione del cinema portoghese che riflette sul colonialismo in chiave intima (si pensi a A idade maior, l’esordio di Teresa Villaverde) e trova una sua connotazione liminare molto precisa e ricca di risonanze.