L’orizzonte delle stagioni: Two Seasons, Two Strangers, di Sho Miyake, Pardo d’Oro a Locarno78

La linea dell’orizzonte è un po’ come un tratto che si allunga sull’immagine a bilanciare lo spazio dell’attesa e quello degli eventi: nel campo visivo di Two Seasons, Two Strangers (Tabi to Hibi), c’è il mare e c’è anche la neve, e ci sono gli incontri che nutrono piccole, sconosciute verità da smarginare sulla linea dell’orizzonte, appunto, tra i silenzi e il senso vagamente surreale dell’accadere. Il nuovo film di Sho Miyake, premiato col Pardo d’Oro a Locarno78, è tratto da due manga dei tardi anni ’60 di Yoshiharu Tsuge, ultraottuagenario maestro del gekiga, il fumetto adulto giapponese: Una vista sul mare (Umibe no Jokei) e Il signor Ben dell’igloo (Honyara-do no Ben-san). Il primo, un breve incontro estivo, a ridosso delle onde dell’oceano, tra un ragazzo solitario e una ragazza in vacanza; il secondo, la strana ospitalità offerta dallo scostante proprietario di un ostello a una sceneggiatrice in cerca di ispirazione tra le nevi di una località di montagna. L’estate e l’inverno. Sho Miyake innesta i due manga affidandosi alla sfera dell’arduo narrare, alla ricerca di un accadere che definisca il senso delle cose, su cui si applica una giovane sceneggiatrice, che è in qualche modo la protagonista di questo film a innesti reciproci.

 

 
È lei, infatti, ad aver scritto il film in cui Miyake trasfonde Una vista sul mare, che ci viene mostrato e commentato in un cineforum nella parte iniziale di Two Seasons, Two Strangers. Ed è lei che poi si spinge in cerca di ispirazione tra i monti innevati, divenendo la protagonista (al posto dell’originario mangaka del fumetto) della seconda storia di Yoshiharu Tsuge, Il signor Ben dell’igloo. Film di estraneità e di straniamento, quello di Sho Miyake, che lascia decantare cinematograficamente lo stile introflesso di Tsuge, affidandosi alla occasionalità transitoria delle relazioni per definire i margini oppressivi di un mondo in cui la verità dei sentimenti, la sostanza delle storie, che definiscono la qualità umana delle persone, resta sempre racchiusa nel silenzio dei gesti, nella immateriale attesa della rivelazione. Miyake assume la responsabilità di fare cinema partendo da un grande mangaka come Tsuge cercando una traccia che stia tra l’ironia in sospensione surrealistica e la laconicità che svapora nel silenzio. La stagione estiva si muove tra la solarità della spiaggia in cui una ragazza (italiana!) in vacanza chiede di fotografare il solitario ragazzo con gli occhiali da sole e la parte successiva in cui lo stesso ragazzo incontra una coetanea giapponese in vacanza e i due fanno un bagno in mare nel pieno di una giornata piovosa. La stagione invernale della seconda parte è invece immersa nel silenzio della neve e si spinge nella spedizione notturna della sceneggiatrice e del suo insolito ospite per rubare una carpa dorata dallo stagno della ex-moglie.

 

 
Due non-storie sulle quali Sho Miyake edifica un film che scorre in rarefazione, sospeso tra le attese, le azioni e le negazioni. La liminarità dei sentimenti e l’immediatezza quasi irrazionale dell’accadere che il regista cerca è coerente con lo stile del suo cinema, popolato di personaggi delineati con precisione e affetto nella loro esilità. Si pensa per esempio al notevole And Your Bird Can Sing (Kimi no tori wa utaeru) visto al Forum della Berlinale nel 2018, storia d’amore e amicizia à trois che nutriva sospensioni, contraddizioni e lievità vagamente nouvelle vague; o anche a Small, Slow But Steady (Keiko, me wo sumasete), storia di boxe femminile incarnata nel silenzio della protagonista nata sorda, visto in Encounters alla Berlinale 2022. Two Seasons, Two Strangers ha di suo una nettezza e un rigore che dialogano direttamente con le tavole di Yoshiharu Tsuge, giustamente considerate molto cinematografiche nel loro stile e studiate anche per questo. Il film ha una dimensione minimale, introflessa, di sicuro affascinante e efficace, ma resta un po’ chiuso in se stesso per argomentazioni e sviluppo psicologico dei personaggi, probabilmente più vicino a chi conosce l’opera di Tsuge.