Con il nuovo capitolo della saga di Mad Max, colmo di polvere, acciaio, sangue, ruggine, il settantenne George Miller dimostra di essere ancora il maestro del post-apocalittico e si candida al titolo di anti-Nolan, nel senso che (giustamente) abolisce la “forbita struttura” che sostiene ogni ragionamento, piena di risposte e speculazioni, per un’opera astratta che non necessita nemmeno di una sceneggiatura perché è solo un inseguimento continuo. Durante la conferenza stampa a Cannes Miller ha spiegato che il film (che gli ha preso 12 anni) nasce da uno storyboard sterminato (3500 disegni) e da una lavorazione di oltre 7 mesi nel deserto della Namibia. Opera analogico, con 150 veicoli, stunt a grappoli e uso del computer ridotto allo stretto necessario, Miller ha confessato di avere pensato il film come un concerto rock, “musica visuale” (è la sua esatta definizione). E il chitarrista appeso al muso del camion che fa (letteralmente) fuoco e fiamme è una gran trovata.
Come è noto la serie era formata da tre capitoli: gli aspri e secchissimi Interceptor (1981) e Interceptor: Il guerriero della strada (1985) e lo zoppicante Mad Max. Oltre la sfera del tuono (1985). Mad Max: Fury Road ha la giusta cattiveria e crudeltà per riportare in sella il Guerriero della Strada, Max Rockatansky (Mel Gibson è finito in panchina ed è entrato l’inglese Tom Hardy che costruisce un personaggio più riflessivo e meno pazzo). Il film si apre con Mad Max che se ne sta fermo a scrutare l’orizzonte con al fianco il suo fedele cavallo (auto), è sempre convinto che il modo migliore per sopravvivere sia rimanere solo. Ma non è possibile dato che viene subito catturato e trasformato in sacca di sangue vivente per trasfusioni, poi finisce sulla diligenza (un camion cisterna blindato) in fuga attraverso la Terra Desolata guidato dall’imperatrice Furiosa (Charlize Theron) che si è ribellata a Immortan Joe (Hugh Keays, già presente nel primo film), tiranno e guida religiosa. Furiosa rapisce le cinque giovanissime mogli del despota per salvarle dalla schiavitù. Immortan Joe si getta all’inseguimento con tutti i suoi uomini. Ha così inizio la “Guerra di strada”.
Mentre Mad Max è costantemente tallonato (sotto forma di incubi ricorrenti) da suo sanguinante passato, il film prende sempre più le sembianze di un western venato di convinto femminismo (la terra promessa è rappresentata da una comunità di sole donne…). I riferimenti, gli omaggi più o meno occulti sono numerosissimi. Fra le suggestioni ci sono sicuramente il Russ Meyer di Motorpsycho e Faster Pussycat Kill Kill, Wile E. Coyote e Road Runner (Beep Beep da noi) di Chuck Jones, Go Nagai (Violence Jack), i Kiss (nel senso di rock-band), Ken il guerriero, Tobe Hooper, Clive Barker…