Nel ventre dell’America, nel ventre della bestia: Weapons, l’horror di Zach Cregger tocca i nervi scoperti della società statunitense

A Maybrook, Pennysilvania, una cittadina come tante nella provincia americana, alle 2:17 del mattino tutti i bambini tranne uno, alunni della stessa classe della locale scuola elementare, si dileguano nel buio. A registrare la loro bizzarra corsa notturna ci sono solamente le telecamere di sicurezza installate nelle case. La rabbia e la frustrazione per i ragazzi scomparsi si riversa immediatamente sulla loro maestra, Justine, una giovane donna con qualche problema con l’alcool e una relazione adulterina con Paul, poliziotto di Maybrook. Le indagini porteranno le strade dei due a incrociarsi con quelle di Archer, il padre di uno dei bambini, il preside Marcus, James, un tossico che vive di espedienti, e Alex, l’unico ragazzo della classe a non essere scomparso. I destini dei protagonisti della vicenda sono legati alla persona responsabile della sparizione dei  ragazzi. Weapons, di Zach Cregger, esce nelle sale in un anno difficile per spiccare con concorrenti del calibro di Sinners di Ryan Coogler, 28 anni dopo che oltre alla regia di Danny Boyle beneficia della mano di Alex Garland e Bring her back dei fratelli Philippou, una rivelazione che mantiene la tensione e l’inquietudine costanti dal primo all’ultimo minuto.

 

 
Eppure Cregger ce la fa incastonando l’ennesima perla in un 2025 d’oro per gli amanti dell’horror (e The Long Walk deve acora uscire…), e lo fa con un film strano, destabilizzante, a tratti decisamente surreale. La narrazione riparte ripetutamente adottando ogni volta il punto di vista di un personaggio diverso fino a ricomporre un quadro completo della vicenda per poi raccogliere tutti i fili e portare la trama a compimento, alternando momenti di alta tensione con situazioni assurde e talvolta esilaranti che creano un’atmosfera assurda ma anche spiazzante, inquietante ma con sprazzi di leggerezza che mantengono il mood in movimento costante togliendo appigli sicuri allo spettatore che non riesce a dare nulla per scontato, nemmeno in una storia archetipica e ancestrale come quella che Cregger racconta. Weapons infatti attinge alla tradizione della fiaba e del racconto folcloristico nella più inquietante delle sue accezioni e lo fa per mettere in scena la società contemporanea, fatta di tensioni sotterranee potenzialmente esplosive e di isterismi facili che cercano risposte semplici a problemi complessi ottenute puntando il dito sui bersagli facili, non a caso la vittima in questione è una donna colta, emancipata e con una modesta dose di anticonformismo sul lavoro.

 

 
Anche l’isteria intorno a tutto ciò che riguarda i bambini, dall’educazione all’ossessione securitaria, diventa parte di una narrazione lucida che non mette i ragazzi su un piedistallo angelicandoli stucchevolmente ma li presenta in tutta la loro fragilità potenzialmente devastante di prodotti di una società che li priva pericolosamente degli strumenti per elaborare la complessità del reale ma al tempo stesso non può cancellarne l’istinto aggressivo che, come un fiume carsico, in un modo o nell’altro la sua strada la trova e in tal senso il finale è veramente potente. Weapons è un film complesso che gioca con le aspettative dello spettatore e proprio per questo motivo non è per tutti, soprattutto non è per gli spettatori addomesticati che vogliono trovare una narrazione che non esca dalla loro comfort zone.