Neve, sangue, fuochi d’artificio. Ecco come cambia la Cina

Noir dal sapore classico, che fin da subito rende omaggio alle forme di una narrazione sospesa e tutta avvolta attorno al suo parsonaggio: un poliziotto, ferito nei sentimenti e nella fedeltà al lavoro, coinvolto in un racconto nutrito dal tempo e dal gelo della provincia settentrionale dello Shaanxi. Gli ingredienti, dunque, sono quelli del genere per il film il terzo lungometraggio del quarantaseienne Diao Yinan, 20143347_7-620x400vincitore proprio con Fuochi d’artificio in pieno giorno dell’Orso d’Oro al Festival di Berlino 2014. Il gelo di un inverno che invade di ghiaccio e neve ogni angolo dell’inquadratura e si insinua nel corpo di personaggi roventi, in guerra con la vita e conti da regolare con il passato.

 

 

Fuochi_d'artificio_in_pieno_giorno_Fan_Liao_foto_dal_film_1_midPoche scene ci parlano del protagonista, un detective di polizia alle prese con il cadavere di un uomo, i cui pezzi, partiti dalla stessa cava di carbone, vengono ritrovati in diversi punti del paese. Si risale al morto, ma non al suo omicida, nonostante l’aggressivo intervento della squadra di polizia, che verrà, però, decimata in un’operazione di apparente routine. Cinque anni dopo è inverno e quell’indagine così sfortunata ferisce ancora l’ex detective. Lo ritroviamo, privo di sensi, sotto la neve, tanto ubriaco da farsi rubare la moto in cambio di un vecchio rottame. Primo passo nella demolizione dell’aura enfatica degli eroi taciturni e tristi, che Zhang rappresenta solo a metà, possedendo la cocciuta malinconia di chi pensa al passato e cerca nel presente solo un appiglio di salvezza. Ma Zhang, che torna a indagare per via di nuovi omicidi, è un attento osservatore e scopre i frammenti della storia come fosse un cercatore di avventure. Pochi ma ricorrenti, anche in questo caso, i dettagli. Una certa violenza, i pattini da ghiaccio, l’apparente immotivata relazione degli uomini uccisi con una donna inquieta e ambigua in ogni suo gesto. L’abilità di Diao Yinan, a questo punto, si riconosce nel mescolare le carte e confondere tutte le linee di indagine. Ci si muove a caso, come ad occhi chiusi, si seguono piste in realtà inverosimili, allo scopo di indugiare nelle divagazioni. Perché è il territorio aleatorio della digressione ad interessare lo sguardo del regista. Ciblack-coal-thin-ice-fan-liao-iin-una-scena-298411 si accorge così, che non è la trama dei delitti, ma tutto quello che sta loro intorno a costituire la materia di questo film. L’inverno lunghissimo e rigido di una città spoglia come Harbin (in anni di radicali cambiamenti in Cina), le piste di pattinaggio che si perdono al buio, il rumore ovattato in contrasto con il caos della vicenda. Non c’è una strada da seguire, perché ogni cosa è imprevedibile, come quando Zhang sale sull’autobus sbagliato e si ritrova in una situazione perfettamente identica a quella che avrebbe dovuto seguire. E non ci sono personaggi su cui fare affidamento. Solo un paesaggio desolato e caotico, e figure impaurite e aggressive, quasi senza volto, che vagano senza necessità di una direzione. Lo stesso protagonista ha perso la sua identità di poliziotto, e indaga, ora, solo per esistere, solo per attraversare spazi anonimi, affascinanti e inespressivi, solo per spingersi lontano dal centro, nei margini oscuri di un mondo quasi incomprensibile e nei limiti estremi di un film indeciso tra istanze autoriali e aspirazioni commerciali. Come i fuochi d’artificio che si perdono nel bagliore del giorno.