Scariche di distopia a Bruxelles. Nel suo articolato programma di questi giorni, tra i tanti scenari del cinema fantastico che il BIFFF43 sta percorrendo, uno dei più frequentati è quello di un mondo che fa i conti con la propria fine annunciata nel segno di contaminazioni, contagi e pandemie. C’è da scegliere tra mutazioni zoo/antropomorfe, dissenterie letali da OGM e virus ammazzaricchi, in un campionario di visioni dalla fine del mondo a portata di mano, che i tempi in cui viviamo dotano tutto sommato di un certo fascino della porta accanto…Il senso più politico della questione tenta di offrirlo lo spagnolo Rich Flu, nuovo film del basco Galder Gaztelu-Urrutia che nel 2019 aveva lasciato il segno con Il buco, variazione sul tema del Cubo di Vincenzo Natali. Qui la scala sociale è osservata e punita ai suoi massimi livelli: un virus fa giustizia della sperequazione sociale e fa vittime in base all’entità del conto bancario, più sei ricco e prima muori… La strage è iniziata: a partire dal Papa, i magnati del pianeta stanno tutti morendo (lo strillo di un telegiornale annuncia persino la morte di Putin…), le borse crollano, la società si azzera, il popolo si solleva e il caos regna: il dramma lo viviamo seguendo le peripezie di Laura Palmer, che dietro l’omonimia lynchana cela una ricchissima producer hollywoodiana (interpretata da Mary Elizabeth Winstead) che cerca di salvare la pelle raggiungendo la figlia e il marito dal quale si sta separando. Uscito dall’occlusione claustrofobica del suo precedente successo, Gaztelu-Urrutia non se la cava troppo bene a gestire il dispendioso scenario distopico con il budget ridotto a disposizione e il risultato è piuttosto cheap. (In apertura una immagine tratta da Welcome to Kittytown di Douglas Luciuk).

La sceneggiatura non è delle più raffinate, l’occasione però è buona per configurare una giustizia sociale di matrice biologica, una pandemia per soli ricchi che getta nel panico le leve del potere e sovverte le prospettive: in fuga verso la Tanzania per nascondersi dalla caccia al ricco innescata dal virus, la protagonista e la sua famiglia finiscono intercettati sulle coste libiche e spediti a Lampedusa… Ma l’idea top di Rich Flu resta il sintomo che rivela il contagio: la dentatura perfetta dei ricchi infetti risplende luminosa nelle loro bocche abituate a sorridere quando stanno tra loro e a ridere delle miserie dell’umanità. Nel sudcoreano Pig That Survived Foot-And-Mouth Disease il contagio è invece quello che nel 2010 si diffuse tra bovini e suini e portò all’eliminazione massiva dei capi infetti: partendo da questo scenario l’esordiente Hur Bum-Wook realizza un film d’animazione a forte intensità drammatica e simbolica, in cui un maiale scampa all’eccidio e vede realizzarsi il suo sforzo di volontà di diventare come gli umani, assumendo sembianze antropomorfe ma mantenendo la testa suina. Questo mentre una giovane recluta dell’esercito, vessato da compagni e superiori, bevendo acqua contaminata dal sangue infetto del maiale umanizzato, diventa invece una sorta di gorilla peloso. Lo stile dell’animazione tiene insieme estetica digitale e tratto naif, producendo un impasto visivo piuttosto spiazzante, interessante nella sua sgradevolezza concettuale. Un po’ come il film, che è attraversato da un sentimento di disperazione che prevale sul tentativo in realtà piuttosto goffo di elaborare una parabola su valori e disvalori dell’umanità derelitta nella sua stratificazione sociale.

Troppo lungo e avvitato su troppi finali, il film perde presto l’equilibrio narrativo e la razionalità che gli sarebbero necessari. È tutta colpa della proliferazione degli OGM, invece, se il mondo raccontato in Welcome to Kittytown (foto d’apertura) è diventato un deserto attraversato da sparuti solitari, sopravvissuti all’epidemia di dissenteria che ha sterminato la popolazione. Alla regia c’è l’esordiente americano Douglas Luciuk, che ha girato il film prima del Covid ed è riuscito a terminarlo solo ora. Il tono è quello della commedia in stile buddy movie, in realtà, visto che fa incontrare un lupo solitario e un bonario e pasticcione ex padre di famiglia e li mette sulla strada di Kittytown, un luogo che sulle onde radio promette salvezza e cibo sano a tutti quelli che rispondono all’appello. Film di buon cuore indipendente, ma senza tono né mordente, in cui lo scenario distopico è un pretesto utilizzato da sfondo per una storia in cui sono i personaggi e i loro caratteri a giocarsi le poche carte a disposizione.