Eileen Byrne, per il suo esordio nel lungometraggio, ha voluto misurarsi con un tema difficile e sempre pericoloso come quello della elaborazione del lutto, per giungere a comprendere come, metabolizzato l’evento drammatico, la vita possa continuare su altre prospettive in una ipotesi di rinascita che metta a tacere ogni senso di colpa, ogni retaggio familiare che obbliga ad una riflessione sul legame spezzato, sull’interruzione di ogni futuro. Ma il film riserva anche qualche altra piega da scoprire, che diventa sottotesto non trascurabile e per nulla banale. La regista lussemburghese, per entrare nella rete delle fitte e intricate tematiche che riguardano i legami spezzati con chi non c’è più, prende a guida e ispirazione l’omonimo romanzo della esordiente Jasmin Schreiber, e in un road movie in cui si attraversano tre Paesi i suoi personaggi scoprono le reciproche vicende umane. Da una parte c’è Paula che ha perso il fratello molto piccolo annegato a Trieste; dall’altra c’è Helmut che ha perso Helga, la moglie, e vuole disperdere le sue ceneri nei luoghi in cui con lei ha vissuto momenti felici. I due fortuitamente si incontrano e nell’incipit del film, in una situazione tipica da commedia, sono costretti a dileguarsi con il camper di Helmut in un viaggio che attraversa vari confini e infine le Alpi per arrivare a destinazione. Durante questo viaggio i due occasionali compagni scopriranno insospettate verità e quanto siano stati necessari l’uno all’altro.
Un tema, quello del lutto da elaborare dopo una disgrazia, che costituisce sempre una prova decisiva per gli autori con il rischio di cadere nella trappola di un sentimentalismo sterile e improduttivo. Tra quelli recenti, forse il film più profondo sul tema è Stringimi forte di Mathieu Amalric, che, con una struttura narrativa frammentata, riesce a raccontare quell’implacabile disordine interiore in cui si devono riempire vuoti e dare senso alla tragedia. Il film di Eileen Byrne prova ad utilizzare un profilo basso, un racconto più lineare in un viaggio di mutazione e di presa di coscienza. La Fossa delle Marianne si adatta dunque al canone del road movie con i suoi inattesi eventi, con i rapporti fugaci, le opportunità da prendere al volo, i momenti di crisi della coppia degli occasionali compagni di viaggio e così via. È in questa varietà di situazioni che il film, sa condensare, al contempo, i registri del tragico e dell’andamento più leggero e se i tratti della commedia da attribuire al film sembrano eccessivi – tranne che all’avvio, quando ancora non si sa che direzione prenderà il film – non viene mai meno la credibilità della storia che si mantiene sempre tra un realismo assoluto e le discrete immersioni nella tormentata coscienza di Paula. C’è una grande differenza di età tra Helmut e Paula ed è quest’ultima il personaggio centrale del film, quello a cui Helmut consegnerà i suoi ricordi e in definitiva la sua vita. È centrale questo aspetto che viene a delinearsi con discrezione in quella lenta costruzione di rapporti, un’ultima spiaggia per Helmut per cui Paula diventa sempre più la sua erede alla quale sembra volere consegnare ogni memoria. Un percorso segnato da precisi indizi: la somiglianza delle loro storie di lutto, l’iniziale antipatia tra la cagna Jody e Paula che poi si trasforma in amicizia reciproca, la mancata inquietudine di Helmut dopo il primo abbandono di Paula, poiché certo e non sorpreso dal suo ritorno.
Elaborare il lutto insieme, doppio per Helmut che ricorda anche la scomparsa del suo giovane figlio Christoph, vuol dire ritrovare un comune terreno che può essere anche di antagonismo, ma che sia sempre condiviso in un progressivo processo di conoscenza e di ulteriore condivisione. La Fossa delle Marianne, il luogo abissale che affascina la giovane biologa Paula, diventa la metafora di una riemersione da queste profondità. Helmut ha già percorso quei sentieri pericolosi fatti dolorosi momenti, Paula li sta percorrendo con tutte le incertezze della solitudine. Il film è dunque, in definitiva, il racconto paziente del difficile avvicinamento tra questi due personaggi, lontani per età e vicini per vicende personali che diventano proprio quel terreno comune condiviso tanto da unire i dolori che diventano propri e reciproci. Una relazione che si fa intensa e quasi indispensabile e grazie alla quale i due abitano il dolore dell’altro. Il film si chiude su un ultimo addio che sembra segnare l’irreversibilità di ogni speranza, aprendo a Paula la strada per una nuova stagione sulle macerie di un passato con il quale farà pace.