Su Apple Tv Il viaggio infinito di Fireball – Messaggeri dalle stelle di Werner Herzog

Il primo incontro tra Werner Herzog e il vulcanologo inglese Clive Oppenheimer risale al 2007, anno in cui il regista bavarese realizza Encounters at the End of the World, affascinante “ritratto” della vita alla base di ricerca McMurdo in Antartide da parte degli scienziati coinvolti nel progetto (tra i quali lo stesso Oppenheimer). I cinque mesi spesi allora al Polo Sud sono stati galeotti di un’amicizia fruttuosa che, dopo lo splendido Dentro l’inferno (esplorazione scientifica e antropologica di alcuni vulcani attivi tra Indonesia, Islanda, Corea del Nord ed Etiopia), ci regala ora Fireball – Messaggeri dalle stelle (su Apple Tv), in cui si percorre l’intero pianeta alla ricerca dei segni lasciati dai meteoriti che, nel corso dei millenni, sono caduti sulla Terra. Un viaggio da far girare la testa, perché coinvolge gli aspetti scientifici e quelli che possiamo dire “umanistici”, le conseguenze osservabili sul territorio e quelle rintracciabili in credenze, mitologie, leggende, rituali religiosi. Un universo fertile e abbondante, dove far emergere l’aspetto di una realtà che eccede se stessa, dove affondare lo sguardo per isolare l’aspetto poetico e ironico del creato. Si va oltre l’“utility film” (come definì lo stesso Herzog il suo documentario I medici volanti dell’Africa orientale del 1969), oltre il film di informazione e divulgazione scientifica. In quanto grumi sconosciuti di materia organica e inorganica, testimonianza di tempi e mondi inaccessibili, i meteoriti rappresentano la fiamma originaria di un incendio di vastissime proporzioni, il primo motivo di interesse dell’osservatore Herzog, cacciatore di storie da raccontare sulla visione e sulla percezione, tra scienza e filosofia.

 

Oppenheimer e Herzog avvolgono il discorso con sapienza. Il primo davanti alla macchina da presa avvicina i resti di antichi meteoriti, parla con testimoni e scienziati e spinge loro a insinuarsi nel cuore di un argomento vasto e insolito, mentre il secondo ci presta il suo sguardo e le sue parole, con voce inconfondibile, un tono pieno di autentica meraviglia e accenni rapidi di humor freddo. Come quando interrompe i due interlocutori, rapiti dall’idea della polvere cosmica. “Siamo tutti fatti di polvere cosmica”, dice l’uno all’altro, la camera traballa leggermente, la conversazione si interrompe pochi secondi e il regista si mostra in video e dice “Non io. Io sono bavarese!” Il punto, tuttavia resta, ed è determinante: come e dove i segnali dall’universo hanno condizionato la cultura e la vita dell’uomo? A Wolfe Creek, in Australia occidentale, l’enorme cratere causato dall’impatto di un meteorite 120mila anni fa, ha creato una stratificata teoria di credenze e rituali. Gli aborigeni lo chiamano Kandimalal ed è il centro di uno stile di vita radicato nella terra, in armonia con le manifestazioni della natura. Anche a La Mecca la pietra nera che sta al centro delle manifestazioni religiose dell’Islam potrebbe essere un meteorite, ma è proibito esaminarla scientificamente, mentre migliaia di fedeli ogni giorno si avvicinano, la toccano, la osservano come un segno divino. Ecco il cortocircuito innescato ancora una volta dallo scienziato Oppenheimer e dal regista Herzog. La tensione inevitabile tra scienza e spiritualità. Per questo si dice che “ogni pietra ha la sua storia personale”, che è fatta di dati, numeri, e implicazioni metafisiche. A Ensisheim, nel nord-est della Francia, un meteorite si schiantò proprio nel 1492 e da allora è stato interpretato come un segno, un messaggio delle stelle (come recita il titolo stesso) in relazione alla scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo. Lo schema è sempre lo stesso. L’evento genera un significato e si insinua nel pensiero degli uomini, anche quando l’approccio scientifico sembra “prevalere. Il viaggio di Herzog e Oppenheimer segue linee semplici senza essere didattico o divulgativo. Il loro sguardo non intende proporci fatti ma porte aperte su interrogativi, misteri, poesia. La felicità di uno scienziato che trova un piccolo masso sui ghiacci, l’assoluta certezza di un gesuita.