Lo sguardo si volta verso il passato per trovare le attese di coloro di cui noi siamo il futuro
W. Benjamin
Le parole del filosofo tedesco annunciano la responsabilità della storia, un’incombenza che spetta a chi vive il presente in funzione del mondo che gli è stato consegnato dal passato e che consegnerà ai futuri destinatari di questa stessa attribuzione. È forse questo un passaggio essenziale per comprendere fino in fondo le intenzioni di Alessandro Scippa, regista del film e figlio di uno degli assessori decisivi della giunta messa in piedi a Napoli da Maurizio Valenzi – che scopriamo avere origini franco-tunisine – a cavallo tra la fine degli anni ’70 e i primi del decennio successivo, dal 1975 al 1983. Le parole del Sindaco in Consiglio comunale che ricordano i terribili momenti in cui venne a sapere del terremoto dell’Irpinia mentre era al San Carlo, lette da Renato Carpentieri, aprono con emozione il film di Alessandro Scippa.
Una giunta di minoranza, sostenuta dall’esterno dal gruppo consiliare della Democrazia Cristiana, composta dalla sinistra, dai socialisti ai comunisti. È questo il racconto che ci propone Scippa, quello di quegli anni così emozionanti per la città che sembrava avere trovato la via del riscatto, quello di quella politica così poco tornacontista in nome della quale si sacrificava la famiglia, le relazioni sociali e la propria stessa vita. Sfilano tutti quegli ex assessori, oggi anziani, ma nei quali resta vivissimo il ricordo di quell’esperienza così entusiasmante. Sotto i loro sguardi la città si trasformava e gli assessori, invece che essere fischiati dalla gente, erano applauditi. Scippa lavora evidentemente su questa memoria, con i filmini di famiglia che completano quella parte più privata e ridotta all’osso dall’impegno politico. Una memoria che sembra interrompersi quel 23 novembre del 1980, data del terribile terremoto dell’Irpinia, che non solo scosse la terra uccidendo e seminando altra povertà, ma, come dice qualcuno degli intervistati, fu l’inizio della fine per la giunta di Valenzi. Dopo quel tragico evento cominciarono, quasi inspiegabilmente, i dissidi tra le due componenti politiche, socialisti e comunisti, che davano vita alla Giunta, che da posizioni di alleanza politica passarono a posizioni del tutto antagoniste.
Le immagini dell’epoca, che trovano il giusto ritmo nel montaggio di Mauro Santini, oggi ci sembrano perfino avare tenendo conto di quanto il mondo dell’immagine si sia radicalmente trasformato, ma ci mostrano quegli uomini e quelle donne giovani, ci mostrano le piazze politiche piene non solo di vaste platee, ma piene di idee e soprattutto di quelle speranze nella politica che oggi, da nord a sud, e soprattutto al sud, sembrano essere svanite definitivamente in un irrecuperabile rapporto con ogni istituzione (in pratica tutte) nella quale la politica metta le mani o sia protagonista. Quella piccola rivoluzione napoletana durò otto anni, nonostante la natura minoritaria del governo cittadino, e resta, probabilmente, l’ultima e già in parte dimenticata – quindi pare giusto che il TFF40 abbia dato spazio al film di Scippa nel Fuori Concorso/Dei conflitti e delle idee – non solo di un meridione via via sempre più politicamente incapace di rappresentare gli autentici bisogni di intere regioni, ma probabilmente dell’intero Paese, incapace di esprimere figure politiche pronte ad assumere con rigore le responsabilità che il filosofo tedesco aveva affidato ai posteri. A guardare quelle immagini emozionanti e quelle stanze cariche di storia e quelle voci dei politici dell’epoca, ci si domanda che fine abbia fatto tutto quel patrimonio e in quali mani sia stato consegnato e se, in definitiva, si siano avverate le parole di Benjamin. La storia del Paese e delle città come Napoli è qui e ora, e ciascuno può fare due conti per dare risposta alla domanda.