È un film di rimozioni The Woman Who Ran, il nuovo capitolo della filmografia di Hong Sang-soo (Orso d’argento per la miglior regia alla Berlinale 70). A iniziare dal titolo, che spiazza la definizione della protagonista, Gamhee (la solita Kim Minhee, straordinariamente impalpabile), proiettandola in una dimensione che è diversa da quella che lei offre di sé alle amiche cui fa visita. È la prima volta in cinque anni di matrimonio – sottolinea – che è lontana dal marito, col quale da quando s’è sposata ha passato ogni momento della sua vita : “Lui dice che le persone che si amano dovrebbero stare sempre insieme”, dice Gamhee con aria un po’ vaga e le amiche fingono di apprezzare, ma in fondo non mancano di denotare la stranezza della cosa. Sorge il sospetto, dunque, che questa possa anche essere una donna in fuga dal marito, a voler immaginare una backstory per Gamhee e per le cronache delle tre escursioni nel mondo in cui Hong Sang-soo la spinge.
Di sicuro, comunque, Gamhee in fuga lo è, quanto meno da se stessa, dalla realtà in cui si trova a vivere (realtà che non conosciamo, perché non ci viene né mostrata dal regista né narrata da lei, a parte l’accenno al viaggio di lavoro del consorte). Le sue visite alle amiche non sono che lo spazio di un confronto con le altrui esistenze, in cui specchiare la propria solitudine: eccola dunque a casa di Youngsoon, qualche anno in più di lei, un appartamento in un residence fuori città, in mezzo alla natura, che condivide con Youngji, un’amica, o forse la sua compagna, non è dato sapere, una cena a base di carne che sembra sublimare altri appetiti, la notte trascorsa sul canapè. Poi è la volta di Suyoung, certamente più cool e soddisfatta di Gamhee, con la quale ha avventurosi trascorsi di vita prematrimoniale: ora si è trasferita in un quartiere di lusso e intende godersi i soldi che riesce a metter da parte insegnando Pilates. Infine c’è Woojin, moglie di un uomo famoso che il successo ha reso insincero: Gamhee la incontra in un cinema d’essai, forse per caso o forse volutamente, e lei ne approfitta per chiederle scusa per qualcosa che le ha fatto in passato…Ecco, The Woman Who Ran è tutto così, una commedia femminile da sfogliare nella vaghezza di vissuti attinenti più alle psicologie che alle narrazioni dei personaggi: prassi eminente del cinema di Hong Sang-soo, che qui ha una dimensione quasi lunare, estranea alla realtà concreta dei luoghi, distante dalla immanenza delle location che questo impalpabile maestro di solito ci consegna. La divaricazione della realtà ambientale e della materialità dei personaggi diventa quasi il sipario che si apre e svela la messa in opera della narrazione, lasciando che la protagonista e le sue amiche interferiscano nelle reciproche vite per attimi inconsistenti, fugaci, occasionali. Manca la solidità del dramma, sfugge la sostanzialità della commedia, il nucleo è concentrato nella sua rimozione e The Woman Who Ran appare un film davvero trasparente, quasi invisibile nella sua leggerezza, consegnato alla fugace liberazione dei personaggi femminili, sempre tanto cari al cuore di questo regista, dalla presenza stolida e ingombrante degli uomini, sempre così grevi e infantili nei suoi film.