Toni Negri, mio padre di Anna Negri e il ridisegnare la successione dei sentimenti

Toni Negri per molti anni è stato uomo braccato dal mondo. Tutti volevano qualcosa da lui: i compagni risposte, lo stato la sua libertà, gli altri studiosi uno scontro/incontro intellettuale. Visto da lontano, lui gestiva bene questa situazione, con grande contezza. Il vero problema era la ricaduta sulla famiglia. La moglie Paola è sempre stata al suo fianco, lo ricorda lo stesso Toni Negri nel film: «noi ci abbiamo creduto, ci abbiamo impegnato la vita» e ancora «io e Paola ragionavamo all’unisono, nella maniera più totale». Nel 1963, appena sposati si trasferiscono in una stanza vicino al Petrolchimico di Marghera. Si aspettano che succeda qualcosa e infatti assistono al primo sciopero. E col passare degli anni non sono cambiati. La militanza veniva prima. Che spazio poteva rimanere per il figli? Poco o niente. Con questo ha dovuto fare i conti l’adolescente Anna soprattutto quando il padre è finito in carcere il 7 aprile del 1979. Toni Negri, accusato di essere nientemeno che il capo delle Brigate Rosse si fa oltre quattro anni di carcerazione preventiva, diventa deputato radicale e ripara in Francia per quindici anni. La distanza con la moglie e i figli si dilata in modo irrimediabile.

 

 
Con enorme coraggio e consapevolezza Anna decide di fare i conti con il fatto che «fin dall’inizio nella mia famiglia non c’è separazione fra la sfera personale e quella politica». Toni, mio padre è nutrito da struggenti filmini famigliari, immagini di alpinismo (grande passione di Negri), foto di manifestazioni, il filmato del matrimonio, squarci di telegiornale, terribili visioni di morti sul selciato, operai in sciopero, assemblee di Potere Operaio, scontri, autonomi con la pistola…E al centro, un padre e una figlia che si confrontano. Dialoghi abrasivi, sinceri che iniziano nel 2021 a Parigi e si sviluppano fino nel 2023 a Venezia, con il professore stanco, malato, con la cannula nasale dell’ossigenoterapia onnipresente (se ne andrà nel dicembre 2023). Anna Negri con la macchina da presa non vuole solo cristallizzare il passato ma ambisce a ridisegnare la successione dei sentimenti, con la lucida consapevolezza che è solo modificando le gerarchie del tempo che si può mutare cifra agli avvenimenti. L’incontro avviene su due piani diversi, la figlia cerca riposte per il passato inespresso e irrisolto, il padre, pur comprendendo il risentimento, non può accettare di guardare a ieri con gli occhi di oggi. E rivendica orgoglioso la sua storia: «tu non vuoi accettare il fatto che i tuoi genitori erano dei rivoluzionari e non erano matti, ma era gente che aveva pensato fosse possibile trasformare l’Italia» e ancora: «abbiamo perso, ma eravamo dei rivoluzionari e restavamo tali». La regista si interroga sulla sua identità negata di figlia, è una introspezione intrisa di dramma e (tentativo) di pacificazione attraversando le stanze veneziane che hanno visto la famiglia felice.

 

 
Ricordi, progetti, diagnosi, introspezioni si fondono in un dialogo – a tratti spietato – che disegna un malessere che in controluce si fa generazionale. Nel film rimane sullo sfondo lo studioso rigoroso che cerca, a ogni costo, l’inserimento di una pratica sopra una convinzione teorica. Sulla sua importanza non si può dubitare. Si legga Lenta Ginestra, saggio sull’ontologia di Giacomo Leopardi,  dove il poeta è portatore dell’ottimismo della ragione umana, umiliata dalla natura matrigna, ma capace di proiettarsi nell’abbraccio amoroso degli uomini, di contro alla miseria della religione, dell’ideologia e del politico. Ci si confronti con gli studi su Spinoza L’anomalia selvaggia (1981); Spinoza sovversivo (1992); Democrazia ed eternità in Spinoza (1995). Filosofo scelto (come racconta in Toni, mio padre) anche perché ci poteva lavorare in carcere approfondendo una sola opera: L’Etica. Si legga Impero (scritto con Michael Hardt) e si scopra il suo impatto mondiale…Sarebbe bello accompagnare la visione del film con la lettura di Quanto a me, continuo a cercare, opera dove il non credente Negri  ci racconta che: «l’amore non è accettazione passiva, ma espressione attiva, esercizio d’amore…».