Venezia80 – Vampirici e integrati: En attendant la nuit, di Céline Rouzet

L’incipit è folgorante: un bimbo viene al mondo e, avvicinato al seno della madre, lo morde per succhiarne il sangue. Il piccolo, Philemon, seppur nato da genitori umani è infatti un vampiro. Diciassette anni dopo, insieme a padre, madre e sorella minore, lo ritroviamo in un piccolo centro di montagna, dove la famiglia si è trasferita nel tentativo di vivere lì una vita finalmente “normale” dopo anni di sacrifici. La dieta è assicurata dal sangue che il ragazzo si inocula attraverso le trasfusioni, perché i metodi classici non devono fare per lui: niente caccia a prede umane né morsi al collo, mentre le sacche di plasma le procura la madre con il suo lavoro di infermiera. È chiaro come la chiave dei generi costituisca il grimaldello per un racconto in cui si esplorino le dinamiche genitori/figli e quel senso di straniamento che Philemon proverà nella dialettica di attrazione/alterità nei confronti dei suoi coetanei. In particolare della vicina che sembra affascinata dal suo modo di fare sfuggente e gentile. Céline Rouzet trae ispirazione dal vissuto personale, dal senso di ribellione adolescenziale che ha provato sulla sua pelle in giovanissima età e che la porta a provare una forte empatia verso il suo protagonista. Il ragazzo è infatti l’autentica chiave di volta per meglio comprendere non solo i comportamenti giovanili, ma anche tematiche più ampie come il desiderio di conformarsi ai modelli sociali, le spinte individualiste, la chiusura delle piccole comunità dove tutti vengono a conoscenza in fretta dei fatti e la condivisione dei luoghi di aggregazione (il lago, il cinema dove si proietta La notte dei morti viventi, tanto per essere chiari circa le metafore dei modelli sociali rovesciati/da rovesciare).

 

 

L’empatia dell’autrice si vede nello sguardo libero, che attraversa spazi e ambienti in scioltezza, mentre stringe sempre più il cerchio attorno ai suoi personaggi: la famiglia è unita da un affetto sincero, ma la rottura del fragile equilibro è inevitabile, per effetto del binomio inscindibile che sangue e desiderio sessuale inevitabilmente portano in dote. I tentativi di Philemon di resistere alla sua natura, di sopportare la luce del sole e di cercare una risposta alle pulsioni che lo spingono a volersi integrare, non impediranno la rottura dei tabù imposti dalla famiglia, lasciando emergere la natura più autentica del vampiro. Rouzet sembra voler rileggere a tratti lo spleen alla Twilight in una chiave ribaltata, meno spettacolare e invece più intimista e drammatica, prendendosi i giusti tempi per lasciar esplodere le tensioni. In questo riesce a unire bene la cifra realistica a quella fantastica, dapprima più celata e poi sempre più manifesta. Il rosso cupo del sangue si rispecchia in questo modo in quello brillante della vernice con cui viene imbrattata l’auto di quella famiglia ormai invisa nel paese, in un gesto tanto violento come è quello del morso: chi è la preda e chi il cacciato è insomma questione non solo di fame e desiderio, ma anche di logiche puramente sociali. Presentato in concorso a Orizzonti alla Mostra di Venezia 2023.