Il mio nome è Milly, l’omaggio di Gennaro Cannavacciuolo a una diva sui generis

Ritratto di una diva, tra prìncipi, pop, variété, così recita il sottotitolo del nuovo spettacolo scritto, diretto e interpretato da Gennaro Cannavacciuolo, in scena al Teatro Franco Parenti di Milano fino al 15 ottobre, e incentrato su Milly, al secolo Carla Mignone, nata nel 1905 ad Alessandria, che muove i primi passi nel mondo dello spettacolo con il fratello e la sorella per poi prendere il volo e diventare una stella sui generis, una «stella eccentrica». Donna di grande carisma, anticonformista e dal carattere indomito, farà girare la testa a molti uomini tra cui il principe Umberto di Savoia che è costretto a interrompere la relazione su pressione della Casa reale e di Mussolini; il diciannovenne Cesare Pavese, all’epoca studente, che le scrive accorate lettere che lei, però, non riceve perché la madre le distrugge; un giovane e affascinante Vittorio De Sica che diventerà suo grande amico; fino a Giorgio Strehler che la sceglie per il ruolo di Jenny delle Spelonche quando mette in scena L’opera da tre soldi di Bertolt Brecht.

Accompagnato da Dario Pierini al pianoforte e da Andrea Tardioli al sax-contralto, Cannavacciuolo con sincero affetto e grande mestiere fa rivivere Milly nelle canzoni e nei gesti, raccontando qualche aneddoto della sua vita (ma di lei si sa poco perché era riservatissima) e ripercorrendo una carriera che conobbe degli alti (si trasferì dapprima a Milano per lavorare con la compagnia Za Bum, poi a Parigi e, infine, negli Stati Uniti, dove rimase per dodici anni) e dei bassi (più di una volta dovette rimboccarsi le maniche e ricominciare da capo). Su un elegante palco nero con quinte ricoperte di lustrini neri Cannavacciuolo scopre a mano a mano gigantografie di Milly che corrispondono a momenti diversi della sua vita e ripropone brani del suo repertorio. Solo per citarne alcuni, si va dagli esordi (Era nata a Novi, Mutandine di chiffon), per passare a Chi siete? e Donna e giornale, a Si fa ma non si dice e Stramilano fino alle celeberrime Parlami d’amore Mariù (per rievocare l’incontro con De Sica), Milord, La chanson des vieux amants e La valse à mille temps (per il periodo parigino), arrivando a creare interessanti e inaspettati cortocircuiti con Bocca di rosa e La guerra di Piero di Fabrizio De André.
In questo recital in due tempi, Cannavacciuolo rievoca la sfrontatezza e la grandezza di un personaggio in anticipo sulla sua epoca che non solo sceglieva canzoni in cui abbondano i doppi sensi e che all’epoca facevano storcere più di un naso, ma che sempre faceva scelte spiazzanti e forti (come quando volle interpretare L’istruttoria di Peter Weiss). La voce di Milly compare in alcuni momenti e lascia il segno: non solo per la tonalità, ma per la potenza dell’enunciato (sublime il racconto con venature fantascientifiche che inventa rispondendo alle insistenti domande di una giornalista sulla fine del suo soggiorno americano). Uno spettacolo non solo per i cultori di Milly, ma per tutti gli amanti del varietà di classe.