Aspetto solido e maturo, Oliver Stone sembra ormai lontano dal giovane in divisa con l’aria da Platoon che campeggia sulla copertina del libro. Ma è sempre un tipo duro, determinato nella sua visione antagonista della realtà: «L’ultimo film che ho fatto è dedicato a Edward Snowden, uno che ha cercato di scoprire i giochi del potere, ma lotte come la sua sono sempre più impossibili. Come si fa a continuare a cercare di contrastare l’operato del Pentagono e della CIA quando i budget di cui dispongono per controllare e manipolare l’opinione pubblica sono stellari? È impossibile contrastarli, non combattiamo ad armi pari…». La sua del resto è una autobiografia che di combattimenti ad armi impari parla parecchio: la storia di Oliver Stone è fatta di tentativi e sconfitte e determinazione e successi: «Ho guardato a quarant’anni della mia vita e ho visto che soprattutto all’inizio ho dovuto lottare tanto. Non è stato facile riuscire a raccontare all’America l’assurdità della guerra in Vietnam, l’ho fatto in un Paese che aveva come presidenti Reagan e poi Bush, che governavano nella convinzione che l’America dovesse diventare il padrone del mondo. Oggi si parla di violenza di redenzione, per cui si ritiene sia giusto che io ti uccida perché tu sei il cattivo e io sono il buono… Non può funzionare così, non va bene! Ma è difficile far passare questa idea: l’americano medio si beve quello che sente dire in televisione, sono veramente pochi quelli che riescono a riflettere e a capire dove stiamo andando». Va detto che uno come Oliver Stone sembra sapere bene dove stiamo andando: «I sistemi dittatoriali, i fascismi, possono rinascere e oggi abbiamo una nuova forma di tirannia, basata sui sistemi di sorveglianza che permettono molto facilmente di spaventare le persone, di manipolare i loro sentimenti e evocare le loro paure. Esattamente quello che Noham Chomsky aveva predetto con La fabbrica del consenso…». E se il guerriero Oliver Stone dice di essere un po’ stanco (magari solo perché è in vacanza…), ciò non significa che la lotta non debba andare avanti: «Credo che sia bello anche ammettere che forse questa lotta non può continuare a essere mia e che è arrivato il momento di passare il testimone a qualcun altro che porti avanti una battaglia che non è per nulla finita». Successori cercasi.