Si levano gli scudi della comunità internazionale in difesa di Mohammad Rasoulof. Il regista iraniano, il cui nuovo film There Is No Evil poco più di una settimana fa è stato premiato in sua assenza con l’Orso d’Oro alla 70ma Berlinale, sta per essere condotto in carcere, in esecuzione dell’ordinanza dell’ufficio del Procuratore Speciale, e il mondo del cinema fa sentire la sua voce ai più alti livelli. A partire dalla Berlinale, che nella tarda mattinata ha diffuso un comunicato in cui protesta contro l’imminente incarcerazione del vincitore dell’Orso d’Oro e, per bocca dei direttori Mariette Rissenbeek e Carlo Chatrian, esprime “profonda preoccupazione” e la speranza “che le autorità iraniane rivedano presto il giudizio”. A strettissimo giro è giunto anche l’appello urgente per la libertà di Rasoulof lanciato in un comunicato congiunto dall’European Film Academy, dal Festival di Cannes, dalla Deutsche Filmakademie, dal Filmförderung Hamburg Schleswig-Holstein, dal Filmfest di Amburgo, dall’International Documentary Film Festival Amsterdam (IDFA), dal Festival di Rotterdam, dal Netherlands Film Fund e dall’Accademia del Cinema Italiano-Premi David di Donatello. “Protestiamo fermamente contro la convocazione di Mohammad Rasoulof – si legge nel comunicato congiunto delle istituzioni europee – e ci appelliamo urgentemente alle autorità iraniane affinché la sua salvezza e la sua salute siano assicurate”. Nel comunicato si chiede anche che “le accuse contro Mohammad Rasoulof siano ritrattate e che il divieto di viaggio sia revocato immediatamente e incondizionatamente”. Wim Wenders, Presidente dell’European Film Academy, parla di Rasoulof come di “un artista che continua a parlarci di una realtà di cui altrimenti sapremmo poco. Abbiamo bisogno di voci come la sua, che difendano i diritti umani, la libertà e la dignità”.
Mohammad Rasoulof era stato raggiunto dalla condanna con un messaggio suo suo cellulare già nell’ultima settimana di riprese di There Is No Evil, come ha raccontato in un’intervista pubblicata sul canale YouTube della Berlinale durante il festival. Ma, secondo quanto affermato dal suo avvocato all’Associated Press, il regista non intende consegnarsi alle autorità, volendo ricorrere in appello soprattutto in considerazione della gravissima situazione legata al diffondersi del Coronavisur in Iran, che avrebbe già spinto il regime a rimandare a casa 54.000 prigionieri per evitare il diffondersi del contagio. Come dice lo stesso regista a margine dell’appello lanciato dall’European Film Academy, “convocarmi per scontare la mia pena in prigione rivela solo una piccola parte dell’intolleranza e della rabbia che caratterizzano la risposta del regime iraniano alle critiche. Molti attivisti culturali sono in prigione per aver criticato il governo. L’ampia e incontrollabile diffusione del virus Covid-19 nelle prigioni iraniane mette seriamente in pericolo le loro vite. Queste condizioni richiedono un’immediata risposta da parte della comunità internazionale”. Ricordiamo che la condanna a un anno di prigione di Mohammad Rasoulof era stata emessa dal Tribunale Rivoluzionario Iraniano il 23 luglio 2019. È dovuta a una generica accusa di “propaganda contro il sistema” elevata dalle autorità sulla base delle sue opere e include il divieto di due anni a realizzare film, lasciare il paese e partecipare ad attività sociali e politiche. Rasoulof aveva del resto già condiviso nel 2011 con Jafar Panahi l’arresto per aver filmato senza permesso e la condanna a 6 anni di prigione e a 20 anni di divieto a realizzare film, ridotti poi a 1 in appello.